In un articolo su La Repubblica Stefano Rodotà sostiene una tesi della cui esattezza, personalmente, sono del tutto persuaso: che l'aggressività politica del Vaticano vada letta come un segno di debolezza piuttosto che di forza. Poco ascoltata e pochissimo credibile in quasi tutta l'Europa, questa Chiesa guarda all'Italia come al terreno residuo per imporre la sua volontà e condizionare concretamente la politica e il processo legislativo. Una volontà che trova fedele traduzione nel via libera del Senato al ddl Calabrò che, tra l'altro, rende l'eventuale volontà esprerssa dal paziente sul trattamento di fine vita "non vincolante" per il medico. Si tratta dell'ennesimo attentato allo Stato di Diritto, il cui cardine è e deve essere la libera scelta dell'individuo.
Un mondo vastissimo, compresi molti cattolici, è rimasto sbalordito di fronte ad alcune affermazioni del Papa, governo e istituzioni internazionali hanno protestato e i vescovi italiani, invece di interrogarsi seriamente e criticamente su una vicenda così grave, la trasformano in un pretesto per lanciare un proclama intimidatorio, un vero e proprio diktat al quale Parlamento e politica italiana dovrebbero inchinarsi. Non è nuova l' arroganza di una politica vaticana che, debole nel mondo, cerca occasioni di rivincita nel giardino di casa, in questa povera Italia che, presentata come il luogo dal quale doveva partire la riconquista cattolica del mondo, appare sempre di più come un fortilizio dove una gerarchia disorientata cerca di rassicurare se stessa alzando la voce. Con parole forti si vuole imporre l' approvazione di una legge sul testamento biologico sgangherata e incostituzionale, lesiva dei diritti delle persone. Si urla contro una deriva verso l' eutanasia mentre il Senato sta discutendo un disegno di legge lontanissimo dall' apertura che, su questo tema, hanno mostrato le conferenze episcopali di Germania e Spagna. Siamo di fronte ad una prova di forza, alla volontà vaticana di sottomettere il Parlamento (…)
(Stefano Rodotà, L’egemonia perduta,
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