giovedì 29 luglio 2010
Lettera aperta al Presidente della Camera, On. Gianfranco Fini
Egregio Presidente Fini,
Da laico e liberale di sinistra non faccio alcuna fatica a comprendere le posizioni in materia di immigrazione, rispetto delle regole democratiche e Stato di diritto che Lei è sempre più chiaramente andato facendo sue e che non possono trovare udienza e comprensione, e non si poteva aspettare nulla di diverso, all’interno del Pdl, patito del quale Lei è del resto cofondatore, e del quale non poteva ignorare, se non per sua cecità, il volto profondamente illiberale.
Così come non faccio alcuna fatica a condividere quanto Lei ha perfettamente sintetizzato in un memorabile fuori onda, quando ha affermato che Berlusconi confonde il consenso con la monarchia assoluta.
Non sono tra quelli che dubitano della genuinità delle sue intenzioni, o almeno, non lo sono più: non avrebbe senso, Lei si sta rendendo troppo impopolare. E in ogni caso credo che Lei si distingua dal Presidente del Consiglio per un paio di aspetti sostanziali, il rispetto delle istituzioni e la consapevolezza che la politica, svuotata di ogni ambizione a una società più giusta, è solo un esercizio di cinismo.
E capisco molto bene, dunque, che la coabitazione con quest’uomo in quella casa politica che condividete le sia diventata sempre più insopportabile e probabilmente non giovano alla sua autostima questi continui ramoscelli d’ulivo che Lei è costretto a tendere al caimano – la notizia dell’ultimo gesto di riconciliazione viene battuta dalle agenzie di stampa proprio mentre scrivo - dopo le molte tempeste che sempre più agitano il Pdl.
Mi dispiace dirglielo, Presidente, ma questo succede quando si accettano compromessi chiaramente al di sopra delle proprie capacità di sopportazione. Queste marce indietro dopo che l’inconciliabilità di visioni così diverse è chiaramente emersa, Le fanno perdere drammaticamente di credibilità. O crede di poter giocare secondo le regole dello “stop and go” all’interno di un partito il cui principale se non unico criterio d’identità è la fedeltà al capo?
In definitiva, Presidente, dopo questa premessa forse anche troppo lunga, io vorrei farle soltanto una semplice domanda: ma davvero Lei non sapeva con chi aveva a che fare? Lei Presidente, ha fondato il Pdl insieme a Silvio Berlusconi nel marzo del 2009, quando il quadro politico culturale affermatosi nel nostro Paese con le elezioni generali del 2008 era non solo già perfettamente delineato, non solo previsto e prevedibile nelle sue evoluzioni, ma per altro non dissimile da quello attuale. Che cosa pensava a quella data? Forse le posizioni del Pdl su immigrazioni e diritti o sul rispetto delle regole democratiche, della Costituzione e dello Stato di diritto, le sembravano allora fondate su premesse più meritevoli di fiducia rispetto ad oggi? Credo che difficilmente Lei possa rispondere affermativamente a questa domanda.
Con quella fusione Lei ha in realtà contribuito a sancire la definitiva vittoria culturale del berlusconismo e la “berlusconizzazione” di non pochi post-fascisti, per nulla disposti a seguire le sue evoluzioni liberali, Presidente, e ben accomodati, invece, nella componente maggioritaria del Pdl.
Presidente Fini, Lei tutto questo lo sapeva benissimo e non poteva non saperlo. E allora mi chiedo se per caso Lei non abbia rinsaldato in tale misura i suoi legami, personali e politici, con un uomo che già non doveva andarle a genio, perché mosso da ambizione personale. A me sembra che questa sia l’unica spiegazione logica, però Presidente, è proprio qui il cortocircuito: se Lei ha agito per cinismo e opportunismo politico, ora non può sorprendersi se così pochi, a destra, comprendono le sue battaglie, né può meravigliarsi se non le permetteranno di combattere dall’interno la componente più illiberale e opportunista di un partito che Lei stesso ha fondato, insieme a Silvio Berlusconi, per un calcolo politico.
Se Lei ha ragione a pensare che Berlusconi sia quello che Lei crede, e io penso che abbia ragione, dovremmo pensare che Lei sia stato davvero poco lungimirante. Eppure, tutti sanno benissimo che di Lei tutto si può dire, tranne che non sia un politico lungimirante.
Quello che Lei ha in mente di fare, è destinato a farlo fuori del Pdl.
In questi giorni e in queste ore viene naturale solidarizzare con i “suoi” parlamentari, contro i quali viene agitato lo spettro dell’ira funesta dei cosiddetti “probiviri”. Ma, in definitiva, e sebbene io sia convinto che la formazione e il consolidamento di un pensiero di destra davvero liberale in Italia vada incoraggiato in ogni modo, mi risulta più difficile solidarizzare fino in fondo con Lei.
Pier Paolo Caserta, 28/07/2010
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