lunedì 5 dicembre 2011

L’ora del rigore. Aspettiamo l’equità. E la sinistra.

Ho scritto che al governo Monti non esisteva un’alternativa reale e che andava dunque sostenuto criticamente – e specialmente da parte del PD aggiungo anche dialetticamente, senza appiattirsi sulle posizioni del governo, per farne emergere una propria identità più decisa rispetto a quanto è fin qui accaduto e contribuire a preparare una nuova stagione politica; e che andava valutato senza pregiudizi, in base a quello che avrebbe concretamente fatto. Avevo anche aggiunto, pur argomentando a favore della necessità di sostenere questo esecutivo, che l’equità era davvero la chiave perché in mancanza dell’equità delle misure, e inoltre di una chiara percezione di tale equità, non c’è sacrificio accettabile. E premesso che i primi segnali mi erano parsi incoraggianti credo che ora, dopo il varo della manovra, si possa e si debba provare a dire qualcosa. Metto insieme qualche considerazione non sistematica.

Evasione fiscale. “Viene attuato un pacchetto antievasione che prevede il divieto di uso del contante per pagamenti superiori ai 1000 euro”. Apprezziamo il’impegno, ma Il limite di 1000 euro per i pagamenti cash, è palesemente inutile, non scalfisce, per esempio, l’evasione di intere categorie di iberi professionisti che non rilasciano fattura nemmeno sotto tortura. Il provvedimento appare velleitario, nel migliore dei casi poco incisivo. Bene la “tassa di lusso” che colpirà le auto di potenza superiore ai 170 chilowatt, mentre le barche sopra i 10 metri pagheranno una tassa di stazionamento giornaliera e gli aerei privati saranno tassati in base al peso. Benino anche l’una tantum con una aliquota dell’1,5% a carico dei capitali “scudati”, cioè rientrati in Italia con lo scudo fiscale. Dico benino perché il 10% sarebbe stato meglio ancora.

Parliamoci chiaro, tutto considerato è pochino, le maggiori voci di introito saranno evidentemente quelle derivanti dalla previdenza, dai piccoli risparmi, dalla reintroduzione dell’ICI (ora IMU) sulla prima casa.

Lavoro e pensioni. Premetto che in linea di principio non mi scandalizzerebbe andare in pensione due anni dopo piuttosto che due anni prima, perché mi pare che il punto sia come si arriva alla pensione (in tutti i sensi), ma nel contesto italiano il progressivo aumento dell’età pensionabile combinato al passaggio al contributivo per tutti è drammatico, ed è molto avvilente per un’intera generazione, la mia (e stendo un velo pietoso su quelle dopo di me) che a causa delle enormi difficoltà di accesso al mondo del lavoro ha iniziato a versare i contributi molto tardi. A ciò si aggiungano le condizioni contrattuali capestro che sempre più hanno consentito alle aziende, per esempio di ampi settori del terziario, di versare contributi ridicoli e di non riconoscere di fatto ai fini contributivi, se non in minima parte, l’effettivo lavoro svolto da eserciti di lavoratori “flessibili”, in realtà dipendenti di fatto ma il cui rapporto di lavoro dipendente viene camuffato con contratti di collaborazione occasionale e non continuativa. Si tratta del variegato mondo del terziario – e di modalità e condizioni di lavoro non eccezionali ma prevalenti – che mi pare anche troppi dirigenti della sinistra abbiano sistematicamente misconosciuto, dimostrando di non saper trarre le conseguenze del dato di fatto che nella società post-industriale l’iniquità si annida anche, forse soprattutto qui, che il conflitto tra capitale e lavoro si è spostato dalla fabbrica come luogo esclusivo o prevalente ad altre realtà. Sono senz’altro problemi strutturali, frutto di decenni di politiche sconsiderate che come un vortice hanno risucchiato ogni legittima speranza di futuro. La sinistra, proprio la sinistra, in tutto questo ha colpe eclatanti, per essere stata, secondo i casi, o troppo condiscendente nei confronti dei dogmi del neoliberismo oppure, per altro verso, rinchiusa in schemi vecchi, vecchissimi, incapaci di cogliere, o anche solo vedere, le trasformazioni della società e del lavoro. Tra questi due errori opposti e speculari, ha sempre mancato l’appuntamento con la realtà.

E Monti, che di sinistra non è, poteva fare di più? Non lo so, ma certamente, messa la pezza e mandata giù la medicina, occorre una visione, che i problemi strutturali del paese sappia finalmente affrontarli. A sinistra e da sinistra. Per oggi, possiamo dire di vedere con chiarezza il rigore, quanto alla promessa equità, restiamo in attesa.

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