domenica 15 giugno 2008

Un bavaglio per due


Berlusconi prende due piccioni…con un ddl: il disegno di legge sulle intercettazioni, che ha ricevuto in settimana il via libera all'unanimità del Consiglio dei ministri, "in un clima di grandissima concordia", inficia enormemente il lavoro della magistratura e nel contempo mette il bavaglio ai giornalisti. La proposta è di mantenere l’uso delle intercettazioni solo per ipotesi di reato per i quali si applichino pene superiori ai 10 anni, con una deroga per reati contro la pubblica amministrazione che prevedono una soglia minima di 5 anni (un’eccezione fortemente voluta dalla Lega), per i reati di mafia, terrorismo ed in "tutti quelli di grandissimo allarme sociale". Tanto basta al premier per mettersi tranquillo. Inoltre la durata delle intercettazioni non potrà superare in nessun caso i tre mesi. Un lasso di tempo del tutto insufficiente, lamentano i magistrati. È facilmente comprensibile: in molti casi si riesce a ottenere un’incriminazione dopo un lavoro lungo e paziente e questo vale soprattutto per reati gravi. Un trafficante di droga, un mafioso o un politico corrotto si muove con prudenza, non è semplice inchiodarlo subito. Non è tutto. Per decidere l'autorizzazione ad intercettare sarà necessaria la valutazione di un collegio di magistrati e non di un singolo soggetto. Infine, non saranno utilizzabili le intercettazioni prese in un procedimento nel corso di un altro processo.
Nel complesso, la magistratura si vedrà sensibilmente ridimensionata nell’utilizzo di uno strumento che, certo, non è stato esente da usi distorti, ma che in molti casi si è rivelato decisivo.
Pene molto severe sono previste per i giornalisti che pubblichino intercettazioni coperte da segreto: rischiano da uno a tre anni di carcere.
Per avallare il ddl si fa leva sul senso comune, su un’idea fraudolenta della tutela della privacy, preparata a dovere da una balla colossale: saremmo tutti intercettati, la privacy del cittadino è a rischio (è questa la motivazione addotta dal ministro della Giustizia Angelino Alfano). Ma il disegno di legge sulle intercettazioni tutela solo la privacy dei banditi, perché nessuno ha motivo di intercettare un comune mortale (soprattutto se non ha fatto nulla). Ancora una volta Berlusconi chiede la collaborazione dell’uomo della strada, dopo che questo è stato adeguatamente disinformato.
Complice il ritrovato clima di “concordia” politica, il premier si prepara a varare l’ennesima legge “ad personam”.

Di seguito riporto un’intervista a Robert Ménard, segretario di Report sans frontières, realizzata da Alessandro Oppes e pubblicata su La Repubblica di ieri.

D’ora in poi anche in Italia i giornalisti potranno dunque finire in carcere. In quali altri Paesi accade una cosa del genere?
“Fino ad ora i governi che incarceravano i giornalisti erano solo regimi dittatoriali. Di esempi purtroppo ce ne sono ancora parecchi: dalla Cina a Cuba, dall’Uzbekistan allo Zimbawe al Vietnam alla Tunisia, per citarne alcuni. In passato avevamo denunciato la mancanza di determinazione degli stati democratici nella difesa dei valori che essi stessi incarnano. Ma ora ad attentare alla libertà d’espressione e a minacciare il carcere per i giornalisti è, per la prima volta, proprio uno dei Paesi dell’Unione Europea”.
Berlusconi dice: bisogna frenare gli abusi, che sono stati tanti.
“È un pretesto: con la scusa di regolare per legge un tema come quello delle intercettazioni che obiettivamente necessita di una regolamentazione, si fa passare una linea che può avere conseguenze drammatiche. La prima è che, in un paese in cui proprio grazie alle intercettazioni telefoniche si sono ottenuti importanti risultati in inchieste su mafia, criminalità e corruzione politica e finanziaria, il lavoro dei magistrati ne potrà risultare menomato. La seconda è che si proibisce ai giornalisti di svolgere il proprio lavoro. Sono cose che fanno venire in mente regimi autoritari”.
Crede che questa legge attenti alla libertà di stampa?
“Sicuramente. Le pene sono così forti che non si può dubitare del fatto che si stia cercando di scoraggiare i giornalisti, perché smettano di indagare. Insomma, perché lascino perdere.
Quale pensa che sia il vero obiettivo di Berlusconi con questa legge?
“Berlusconi è giudice e parte in causa. Non dimentichiamo che è stato più volte coinvolto in inchieste giudiziarie proprio in conseguenza dei risultati di intercettazioni telefoniche. In sostanza, è una legge fatta anche per lui, un’altra legge ‘ad personam’ “.
Ritiene necessaria qualche iniziativa da parte di organismi internazionali?
“La libertà di stampa è un diritto fondamentale. L’Europa deve far sentire la sua voce. È indispensabile che si pronunci il Consiglio d’Europa”.

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