venerdì 12 settembre 2008

Il rischio è di combattere il disagio colpendo chi lo subisce


Il ddl contro la prostituzione, approvato ieri, è migliorativo rispetto alle precedenti proposte, perché prevede pene severe anche e soprattutto per lo sfruttamento della prostituzione. Ora bisognerà applicarlo, altrimenti il rischio è quello di illudersi di rimuovere il disagio, colpendo in realtà chi lo subisce.

Il consiglio dei Ministri ha approvato ieri il ddl su 'misure contro la prostituzione', messo a punto dal ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna e presentato insieme al ministro dell’interno Roberto Maroni e a quello della Giustizia Angelino Alfano. La prostituzione in un luogo pubblico e' considerato fenomeno di “allarme sociale” e come tale e' reato e può essere punito, anche col carcere, “in egual maniera fra chi la esercita e chi se ne avvale”, cioè i clienti. Il ddl consta di quattro articoli, in forza dei quali prostituirsi nei parchi, nelle strade, in campagna sarà quindi vietato. Per i trasgressori sono previsti l'arresto da 5 a 15 giorni e una multa da 200 a 3 mila euro. Misure particolarmente severe sono inoltre contemplate contro la prostituzione minorile. Il ddl modifica dunque la normativa attuale, che prevede soltanto il reato di adescamento, introducendo la possibilità di punire sia le prostitute che i clienti.

Suscita molte riserve l’innovazione giuridica che fa della prostituzione un reato. Schematizzando al massimo, credo che chi si prostituisce lo faccia o perché costretto o per libera scelta. Nel primo caso, criminalizzandolo si spara su un falso bersaglio, perché si dovrebbe perseguire piuttosto lo sfruttatore, offrendo per contro allo sfruttato una rete sociale che gli dia un’alternativa e una possibilità di inserimento. Nel caso, invece, che chi si prostituisce lo faccia per libera scelta, l’introduzione del reato di prostituzione ha inevitabilmente un sapore moralistico.

Ma rispetto alle precedenti proposte, colpisce positivamente proprio il fatto che sia stato incluso nel ddl l’obiettivo di combattere con pene severe anche lo sfruttamento della prostituzione, che rappresenta il vero male radicale e che va affrontato in modo energico se si vuole contenerlo.

L'articolo 2 prevede in effetti pene detentive da 6 a 12 anni e un’ammenda da 15 mila a 150 mila euro per chi "recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto" o "favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto" e pene aggravate se il minorenne ha meno di 16 anni.
Carcere tra i 4 e gli 8 anni anche per i promotori e gli organizzatori di associazioni a delinquere finalizzate allo sfruttamento della prostituzione, mentre per i partecipanti è prevista la detenzione da 2 a 6 anni.

Avevano in effetti destato molte perplessità alcune precedenti proposte, che non assegnavano sufficiente importanza al tema cruciale dello sfruttamento della prostituzione. Senza tale sottolineatura, qualsiasi provvedimento avrebbe rappresentato, più che “uno schiaffo al mercato”, come la Carfagna ha definito il ddl appena approvato, uno schiaffo alle vittime di un mercato che le usa cinicamente come merce. Abbiamo assistito, in materia, a molti pronunciamenti inutili se non controproducenti o aberranti, valga su tutti l’ipotesi di espulsioni di massa. Soluzioni ispirate alla solita filosofia di affrontare i problemi con riguardo soltanto ai sintomi, evitando costantemente un approccio più incisivo. Scelte di comodo, che certo possono suscitare il consenso di quella parte dell’elettorato sulla quale il martellamento sulla sicurezza ha sortito effetti di persuasione. Ma con altrettanta certezza non sono e non possono essere un rimedio efficace.

Così rivisto, invece, nella sua forma finale, il testo va meglio. Però è fondamentale che venga applicato con coerenza e con coraggio, e su questo ho dei dubbi. Infatti sappiamo bene che punire le prostitute e i clienti è molto più semplice e più comodo che perseguire veramente chi sfrutta la prostituzione. Se questo non venisse fatto, allora prevarrebbe ancora una volta la logica di rimuovere il disagio colpendo chi lo subisce. Escludendolo dal nostro campo visivo, in modo che non ci dia più fastidio. E che possiamo perfino illuderci di aver davvero risolto il problema. Far sparire le prostitute, come i rom, dal nostro sguardo.

Una preoccupazione, questa, condivisa anche da Margherita Miotto, deputata Pd e componente della commissione Affari sociali della Camera, secondo la quale “con il ddl Carfagna si nasconde la polvere sotto il tappeto e si riduce la prostituzione ad un fatto di decoro urbano» . Il ddl prevede gli strumenti per evitare questo approccio disastroso. Ora, come si dice, devono seguire i fatti.

Un governo va valutato per i risultati che consegue. Se si useranno le possibilità predisposte dal ddl per combattere a fondo il racket della prostituzione, vorrà dire che si è fatto bene. Se sentiremo sempre e solo di prostitute arrestate, vorrà dire che questo ddl era ispirato solo da moralismo.

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