L’unico risultato tangibile del ddl sulla prostituzione sembra essere il massiccio trasloco della professione più antica del mondo nell’intimità domestica e nei night club, complice la possibilità di offrire con discrezione le proprie prestazioni su internet. Le strade si svuotano, le chat si riempiono. La tendenza è confermata sia dalle associazioni non-profit che dalle indagini della polizia postale. È ovvio. La soluzione del problema non è, non poteva essere quella di sgomberare le strade. Il ddl, in realtà, predispone anche gli strumenti per punire lo sfruttamento della prostituzione, ma l’efficacia delle leggi dipende largamente dalla volontà politica di applicarle. Così, non abbiamo ancora sentito di iniziative incisive volte a colpire il racket disumano della prostituzione, che rappresenta il vero male radicale. Piuttosto, il fenomeno si starebbe spostando in una dimensione meno visibile e più difficile da monitorare, senza diminuire d’intensità. Mentre i sindaci di molte città italiane hanno recepito il ddl e l’invito di Maroni a usare la fantasia nel senso molto limitativo di un inasprimento delle sanzioni comminate a prostitute e clienti.
Il dato su cui riflettere non è l’impennata del mercato della prostituzione su internet, quanto l’inefficacia di un provvedimento dall’inevitabile sapore demagogico. Non tanto per i suoi contenuti, che come abbiamo rilevato potrebbero essere condivisibili, quanto per l’orizzonte culturale entro cui si colloca. Il sospetto, e anche qualcosa in più, nasce mettendo a sistema le politiche della maggioranza in campi diversi, ma unificate da una medesima tendenza a nascondere la polvere sotto il tappeto. Con esiti più o meno immediatamente visibili sul breve termine, ma sempre disastrosi: il grembiule a scuola, lo sgombero dei campi rom, le prostitute via dalle strade, la criminalizzazione degli immigrati.
Il vessillo da esibire è la riduzione della prostituzione sulle strade, poco male se il problema vero (lo sfruttamento della prostituzione) nella sostanza rimane tale e quale. L’apparenza vale molto di più, si traduce in un immediato ritorno d’immagine, genera consenso.
Il problema di una classe politica che evita costantemente di affrontare i problemi, offrendo rimedi demagogici e che pure sembrerebbe godere di un largo consenso, non deve essere sottovalutato.
Quando gli americani giunsero a Baghdad, ricordo di aver letto che le prostitute tornarono a comparire per le strade della città. Non che prima non ci fossero. Ma si dovevano nascondere, perché sotto il regime di Saddam Hussein rischiavano la decapitazione.
Le democrazie demagogiche non usano metodi così sbrigativi, ma hanno questo in comune con le dittature: uno zelante moralismo, che porta, tra le altre cose, a ridurre le problematiche sociali a questioni di degrado urbano.
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