sabato 11 ottobre 2008

Geopolitica: scienza o metodo scientifico?


La geopolitica è una disciplina relativamente giovane, capace, nel breve volgere di un secolo, di essere sorta, dimenticata e infine riscoperta. Negli ultimi trent’anni è tornata, dopo un periodo di oblio, a riscuotere un diffuso interesse, al punto che un numero crescente di persone, non solo specialisti, vi vede una chiave di lettura indispensabile per comprendere la complessità del mondo odierno, la natura dei conflitti, delle relazioni fra stati e tra popoli. L’atto di nascita si fa risalire al geografo svedese Rudolf Kjellen, che nel 1904 fu il primo a proporre il termine, oppure allo scritto “The Geographical Pivot of History” di Sir Halford Mackinder, che porta la stessa data.
In linea generale, la geopolitica, usando la definizione che se ne legge su Wikipedia, “è una disciplina che studia le relazioni tra la geografia fisica, quella umana e l'azione politica”. Analogamente, il Dictionnaire de la Géographie (1979) scrive che «la geopolitica è lo studio dei rapporti tra i fattori geografici e le azioni o le situazioni politiche».

È facile capire che queste definizioni, anche se colgono alcuni aspetti centrali, sono abbastanza generiche. In effetti, ad oggi non esiste un consenso unanime su cosa sia la geopolitica e sul suo ambito d’indagine. In compenso, a margine di questa incertezza del discorso definitorio, prolifera una grande quantità di studi di geopolitica, anche di carattere teorico, ai quali possiamo dunque affidarci per tentare di estrarre dei tratti comuni.

Un’analisi geopolitica deve contenere alcuni elementi “minimi, oltre a quelli presenti nelle definizioni sopra citate, e cioè: a) prendere in esame una conflittualità, non necessariamente armata e anzi spesso latente o “fredda”, tra due o più stati o popoli, non necessariamente confinanti, con riferimento agli aspetti non solo economici, ma anche storico-politici e geografici, culturali e antropologici; b) analizzare le rispettive “sfere d’influenza” degli attori interessati dal conflitto; c) ragionare in termini di “risorse” (se nella definizione del conflitto assume rilevanza la dimensione economica), oppure, secondo quale sia la dimensione prevalente, in termini di interessi, valori, identità contrastanti.

Questi pochi tratti comuni permettono di distinguere la geopolitica da altre analisi che pure, impropriamente, vengono a volte confuse con questa disciplina. Per esempio, la geopolitica non è riducibile allo studio delle relazioni internazionali o i rapporti di politica estera di uno stato.

Per quanto riguarda, invece, i metodi e le finalità, molti analisti considerano dubbio che la geopolitica possa essere definita a pieno titolo“scienza”. È pur vero che la mole dei contributi disponibili permette di riscontrare un’ambizione a presentarsi come scienza descrittiva. La geopolitica pretende cioè di fornire una descrizione adeguata delle dinamiche in gioco e delle forze in campo. Alla geopolitica compete anche un altro aspetto che può essere ascritto al modo di procedere della scienza: la sua capacità previsionale. Infatti, è chiaro che la comprensione dei conflitti in chiave geopolitica permette di formulare delle previsioni veritiere circa i possibili esiti di una conflittualità latente. Per fare un esempio legato all’attualità, la recente guerra tra Russia e Georgia, al di là delle cause prossime che l’hanno innescata, affonda le sue radici in un quadro geopolitico (storico, geografico, culturale, politico) preesistente. La conflittualità latente è esplosa in una guerra vera e propria.
Per questo motivo, la geopolitica appare sempre più una disciplina di vitale importanza anche per costruire la pace, evitando che tensioni potenziali si trasformino in guerre.

E tuttavia, proprio in forza di questo suo potere previsionale, l’analisi geopolitica è stata anche utilizzata come un potente mezzo di giustificazione per avvalorare infondate e deliranti pretese, per esempio dal Reich nazista per rivestire di una motivazione pseudoscientifica la sua espansione ad est alla ricerca del necessario “spazio vitale”. Proprio la percezione di una stretta associazione con il nazismo ha fatto sì che la geopolitica sia stata accantonata fino all’inizio degli anni Novanta, venendo “riabilitata” e tornando a costituire più diffusamente oggetto d’interesse con il disfacimento dell’Unione Sovietica (il primo numero di Limes, la “rivista italiana di geopolitica”, è uscito nel marzo del 1993).

Proprio la diversità delle rivendicazioni che sono state avanzate, avallandole con motivazioni di carattere geopolitico ha indotto alcuni importanti studiosi, come Yves Lacoste, a qualificarla come metodo scientifico, piuttosto che come scienza rigorosa. Il dibattito, comunque, è quanto mai aperto. Quello che appare certo è che la riflessione della geopolitica prende le mosse dall’esistenza di interessi contrastanti e, in qualche misura, egualmente legittimi. In proposito, si può sicuramente osservare che le strumentalizzazioni che sono state compiute non intaccano il potenziale analitico della geopolitica. Ne forniscono, semmai, una spiacevole conferma. E comunque inducono a distinguere chiaramente tra le pretese degli attori direttamente interessati, che sono evidentemente contrastanti tra loro, e il piano dell’analisi vera e propria, che invece deve guadagnare un punto di vista esterno per poter aspirare all’oggettività.

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