
Qualche giorno fa ho scambiato alcune opinioni sulla guerra a Gaza con un amico. Ciò su cui dissentivamo, e dissentiamo, era sostanziale, cioè la valutazione delle responsabilità di Isarele; lui, assertore della primazia del diritto d'Israele all'autodifesa, io critico in primo luogo verso i metodi di conduzione e le atrocità della guerra. Entrambi eravamo invece concordi sul fatto che l'azione dell'esercito israeliano fosse, fin dall'nizio, controproducente rispetto agli scopi dichiarati - dagli innumerevoli lutti di Gaza il consenso di Hamas uscirà rafforzato. Così come concordavamo sulla necessità di tenere ben distinti i comportamenti dei governi dalla tragedia dei popoli. E concordavamo, infine, sul fatto che sul conflitto israelo-palestinese esista molta confusione e troppo facilmente si cade in estreme e opposte semplificazioni.
Che le cose siano così me lo confermano, una volta in più, i fatti degli ultimi giorni: dall'intollerabile onda antisemita che sta montando anche in Europa, a Lucia Annunziata che lascia lo studio di Annozero (l'ho scoperto oggi dai giornali, visto che da circa un anno vivo, e molto bene, senza televisione) ritenendo Santoro troppo "filopalestinese" - giusto per concedere qualcosa, e tanto quanto basta, anche alla cronaca nostrana. Insomma, è evidente che sul conflitto israelo-palestinese c'è poca, pochissima serenità.
Esistono del resto dei motivi storici precisi, anche se molto complessi, che spiegano questa mancanza di serenità. La coscienza europea deve tenersi in costante equilibrio tra il riemergere di pericolose tentazioni antisemite e la necessità morale di condannare fermamente - meglio ancora sarebbe: impedire - qualsiasi genocidio. Il cortocircuito che vede il riemergere dell'antisemitismo come reazione all'efferatezza di Israele trova la sua contropartita ideologica nell'altro speculare cortocircuito, per cui c'è, a sinistra, chi cade nell'aberrazione di segno opposto, di sottolienare che Hamas è il governo liberamente eletto della Palestina facendone, nemmeno troppo tacitamente, quasi un simbolo del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese.
Al contrario, è necessario dire senza ambiguità di sorta che Hamas, anche se ha vinto delle elezioni (nel 2006), è un'organizzazione terrorista, violenta e fondamentalista. Se non diciamo chiaramente questo, con quale diritto critichiamo il governo, liberamente eletto, d'Israele per le sue azioni?
Il principio, che dovremmo sempre e ovunque riconoscere come il primo passo per non cedere a opposti e aberranti ideologismi, è che i popoli sono altra cosa dai governi; che i civili sono sempre le prime vittime di qualsiasi guerra.
Io sono, e non mi stancherò di ripeterlo, con il popolo palestinese e con quello israeliano; Hamas va condannata a chiarissime lettere; la condotta di Israele anche. Credo che in questo momento vada maggiormente sottolineato l'eccidio dei palestinesi piuttosto che il dramma degli israeliani semplicemente per la palese sproporzione numerica di un conflitto che è costato la vita, dal 27 dicembre, a oltre mille palestinesi, largamente civili, contro 13 israeliani (4 civili e 9 militari).
Nel momento in cui scrivo queste righe mi pare di ripetere e scandire l'ovvio. Eppure...
Ho parlato a una capra. / Era sola sul prato, era legata. / Sazia d'erba, bagnata / dalla pioggia, belava. / Quell'uguale belato era fraterno / al mio dolore. Ed io risposi, prima / per celia, poi perché il dolore è eterno, / ha una voce e non varia. / Questa voce sentiva /
gemere in una capra solitaria. / In una capra dal viso semita / sentiva querelarsi ogni altro male, / ogni altra vita. (Umberto Saba, La capra)
2 commenti:
Sono con te, per i popoli al di là delle reagioni dei Governi. ma i Governi non stanno lì per fare il bene dei popoli? bah!
Ciao amica Rougie, mi fa piacere che ogni tanto passi da queste parti.
Un caro saluto, P.P.
Posta un commento