sabato 31 gennaio 2009

La sartoria di Arcore

Giovedì si è svolto l’ultimo atto dell'offensiva sulle intercettazioni, con il governo che ha approvato, non senza aspri contrasti al suo interno, otto emendamenti al suo ddl, la cui sostanza si può riassumere in due punti:

1.Le intercettazioni, prima possibili con “gravi indizi di reato”, ora saranno possibili solo con “gravi indizi di colpevolezza”;
2. Le intercettazioni potranno durare non più di 45 giorni, prorogabili di altri 15.

Non occorre una mente sopraffina per capire la portata – e soprattutto il cui prodest - di questi due semplici punti ma, a scanso di equivoci riporto di seguito le parole di Luca Palamara, presidente dell’Anm, riportate in un’intervista per La Repubblica pubblicata venerdì:

Sul punto 1 di cui sopra: Da “gravi indizi di reato” a “gravi indizi di colpevolezza”
“Nessun pm potrà più chiedere un’intercettazione, se si prevede che debbano essere necessari, per ottenerla, i ‘gravi indizi di colpevolezza’. Quando io, come pm, ho già in mano dei ‘gravi indizi di colpevolezza’ nei confronti di un soggetto, significa che non ho più bisogno di mettere un telefono sotto controllo perché sono già in possesso di elementi sufficienti per chiudere l’indagine (…)”

Sul punto 2, non più di 60 giorni
“Cosa accade se al 59esimo giorno si acquisiscono ulteriori elementi che possono far individuare altri autori dello stesso reato? Li lasciamo andare? Permettiamo che continuino a delinquere? Un termine così rigido blocca un’indagine proprio nel momento in cui potrebbe avere importanti sviluppi (…)”.

Chiaro, no? Il parlamento è la sartoria che ha confezionato un vestitino su misura per il premier (e per altri degni commensali).

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