domenica 1 febbraio 2009

Tentativo di spiegare il conflitto israelo-palestinese in sette punti. In risposta ad altrettanti cliché




















La straordinaria confusione (ideo)logica, a volte infarcita di malafede, altre volte dovuta a una congenita incapacità di distinguere, mi ha portato a non considerare ovvie alcune ovvietà, e anzi a partire da esse per cercare di spiegare il conflitto israelo-palestinese. Alcuni di questi luoghi comuni sono autentiche aberrazioni, ma il mio tentativo, disperato, è quello di usarli come sponda per cercare di ristabilire alcuni fatti.

1. Gli ebrei stanno facendo agli altri quello che è stato fatto a loro.
FALSO. E anche pretestuoso. È falso e pretestuoso perché quello che Israele fa, lo fa il governo d’Israele. E, senza che ci sia nemmeno bisogno di scomodare la definizione di ebrei, non lo fanno nemmeno gli israeliani. Chi decide di fare le guerre e sceglie in che modo farle è il loro governo. Lo stesso speculare ragionamento esige, naturalmente, che si distingua tra Hamas e i palestinesi.

2. Hamas è il governo liberamente eletto della Palestina
VERO. Infatti ha vinto le elezioni legislative che si sono tenute nel gennaio 2006. Hamas ha vinto queste elezioni in larga parte a causa dell’esasperazione della popolazione per via della politica di espropri e confische cinicamente perseguita da personaggi come Ariel Sharon, del blocco economico israeliano sulla Striscia di Gaza imposto a un milione e mezzo di abitanti della regione e, non da ultimo, per l’inefficienza e la corruzione dei precedenti governi palestinesi.

3. In virtù di 2, ne consegue che Hamas rispecchia il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.
ASSOLUTAMENTE FALSO, ed è un’aberrazione purtroppo molto diffusa a sinistra. Chi la pensa così potrebbe limitarsi a leggere lo Statuto di Hamas (CESNUR, Center for Studies on New Religions), comodamente consultabile su Internet. La consequenzialità tra i punti 2 e 3 non sussiste. Si commette, in un certo senso, lo stesso errore di 1. Infatti, se un governo non può essere criticato solo perché liberamente eletto, con quale diritto questi sostenitori di Hamas criticano poi lo Stato di Israele, liberamente eletto, per quello che fa?

4. Hamas è un’organizzazione terrorista
VERO. Al contrario di 3, questo è del tutto vero e deve essere detto senza ambiguità. Prima di accettare nel 2005 una tregua e di conquistare la maggioranza dei seggi nell’Autorità Nazionale Palestinese con le elezioni del 2006, Hamas ha compiuto una serie di attentati e carneficine a Gerusalemme. Una delle molte, sull’autobus numero 2, fece 23 morti nell’agosto del 2003. Oltre a ciò, i razzi di Hamas, come è noto, costringono molti civili israeliani a vivere in uno stato di perenne e incombente minaccia. Poi, chiaramente, non ci si dovrà fermare qui. Anzi, si deve aggiungere che la violenza perpetrata da Israele sui civili palestinesi durante la guerra di Gaza è linfa vitale per Hamas. L’atteggiamento di Israele ha rinforzato il terrore. In generale, è sempre vero che l’incomprensione delle cause e lo scontro frontale alimentano il terrorismo. Una lezione che, dopo molti tragici errori, hanno tratto, almeno in parte, persino gli Stati Uniti.

5. Israele è uno stato terrorista
VERO, ne sono convinto. E non da ora. Lo è perché viola con costanza e con arroganza tutte le leggi internazionali e ignora con non meno costanza e arroganza tutte le risoluzioni internazionali. Lo è perché non si preoccupa minimante di distinguere tra militari e civili. Lo è perché risponde al terrore col terrore. Lo è perché, in modo assolutamente contraddittorio, rifiuta esattamente gli stessi punti in virtù dei quali condanna Hamas, come Noam Chomsky ha evidenziato con grande rigore logico in un recente articolo (Obama on Israel-Palestine, 24/01/2009 su Chomsky.info). Infatti Israele: a) non riconosce il diritto della Palestina ad esistere; b) non rinuncia all’uso della violenza; c) non riconosce la possibilità di un accordo basato su un ampio consenso internazionale per la creazione di due stati. Questi tre punti sono esattamente quelli che Israele e Stati Uniti hanno sempre chiesto ad Hamas di accettare se vuole essere considerato un “genuino interlocutore” per il processo di pace. Finché l’atteggiamento di Israele sarà ispirato a questa fondamentale ambiguità, Hamas non potrà che prosperare.

6. Israele ha diritto a esistere.
VERO

7. Anche i palestinesi hanno diritto a uno Stato.
VERO. Il che, del resto, ci riporta a 5c: Israele ha sempre rifiutato la soluzione che prevede la pacifica convivenza di due stati. Gli Stati Uniti hanno sistematicamente appoggiato Israele in questa linea, mettendo regolarmente il veto, insieme ad Israele, a tutte le risoluzioni dell’ONU che andavano nella direzione giusta.
Gioverà anche ricordare che l’eccidio compiuto dallo Stato d’Israele nelle recente guerra di Gaza è il momento culminante di una politica che, anche in tempi di tregua, è stata ispirata a logiche di apartheid e di controllo, non di pace. Per rendersi conto pienamente di questa politica bisogna allargare lo sguardo ricordando, per esempio, che Israele ha iniziato nel 2002 la costruzione del muro simbolo di questa logica. Con un’estensione di circa 720 chilometri il “muro dell’apartheid”, come è stato definito con piena ragione, si insinua scientificamente all’interno delle enclavi palestinesi in Cisgiordania in modo da inibirne l’accesso all’acqua e alle risorse. Quella che è stata chiamata dal governo Sharon, che ha profuso ingenti risorse per la sua realizzazione, “Operazione scudo difensivo”, era ed è in realtà un atto d’aggressione e di controllo.
Nel 2004 il muro è stato condannato dalla corte internazionale di giustizia dell’Aia, emanazione giudiziaria dell’Onu. Israele rispose con arroganza che quello che succede a casa propria non è affare delle comunità internazionale. Un atteggiamento rimasto invariato fino ad oggi, che non fa certamente di Israele un “genuino interlocutore” per la pace, non diversamente da Hamas.

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