sabato 18 aprile 2009

Il "buffone" popolare in patria

Dall’edizione online del Money Week di ieri:

Silvio Berlusconi, il 72enne primo ministro italiano, è largamente visto come un “buffone”, scrive Richard Owen su The Times, eppure la sua ultime gaffe – il suggerimento ai senzatetto del terremoto in Abruzzo di considerarsi in vacanza – solleva la domanda del perché gli italiani lo abbiano eletto non una volta sola, ma tre. La sua capacità di fare gaffe è straordinaria, concorda Jenny McCartney su The Sunday Telegraph. Nell’arco di due settimane è riuscito prima a far “irritare la regina” urlando per chiamare Barack Obama subito dopo la foto di gruppo del G20, poi a snobbare Angela Merkel chiacchierando al cellulare mentre lei lo aspettava per dargli il benvenuto. Poi c’è stata quella volta che ha apostrofato il neoeletto presidente Obama “giovane e abbronzato” e, ancora, quando provò a invogliare un gruppo di investitori a New York parlando delle “belle segretarie italiane”, ricorda Tana de Zulueta su The Guardian.

Ma “Berlusconi il gaffeur fa notizia all’estero, non in patria”, in parte per il suo controllo sulla stampa. Grazie al suo gruppo televisivo, Mediaset, Berlusconi e la sua famiglia controllano tre reti televisive nazionali, due giornali, una quantità di riviste, la più grande catena di cinema e la maggiore casa editrice italiana. Lo stile di governo di Berlusconi “ricorda qualcosa di quello di Mussolini”, dice Owen: egli ha “usato il suo potere per garantirsi l’immunità dalla persecuzione giudiziaria e spesso governa per decreto”. Ma ci sono anche molti italiani che trovano le sue “pagliacciate” accattivanti e lo ammirano perché dice quello che pensa. E ad essere onesti, il presidente del Consiglio ha risposto piuttosto bene alla crisi, secondo The Economist. Ha annullato un vertice a Mosca per occuparsi del terremoto e confortare le vittime.

La perdurante popolarità di Berlusconi “mostra una verità generale della politica”, dice McCartney, e cioè che “un politico estroverso che sia spudorato sulle sue debolezze può ottenere molto di più di quanto un tipo rispettabile, guidato dai sensi di colpa possa mai sognare. ” (Alan Clark). Ciò che è davvero sconcertante è che gli italiani abbiano permesso a un personaggio del genere di rappresentarli così a lungo sulla scena internazionale.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Io oramai ho fatto i conti con la verità (ovviamente, UNA verità, ma che ritengo plausibile). Vado a spiegare:

Metà italia, e più, vota Berlusconi. Non tutta questa metà lo ama. C'è chi non lo sopporta nella Lega (sia nella nomenklatura che nell' elettorato)e in AN (idem). Per non parlare di molti dell' UDC anche quando erano insieme nella coalizione.

Quello che non si menziona, tra l' altro, è il sistema di prebende locali. Il PD non promette posti di lavoro né promette ingaggi o consulenze con la stessa praticità e virulenza del PDL. Grazie all' Imperatore Silvio, molte promesse, anche microeconomiche -spesso destabilizzanti per il paese e l' economia- possono essere facilmente mantenute con il sistema dei vasi comunicanti (migliaia di esempi, ma basterebbe pensare che appena un governo di centro destra viene eletto, più della metà delle ONG chiudono l' 80% delle iniziative e iniziano a licenziare).

Questo mi ricollega a quello che siamo sempre stati come paese, come siamo stati formati dalla Democrazia Cristiana: un paese di piccoli commercianti. La nostra economia si basa sui lavoratori autonomi e sui piccoli commercianti. I nostri asset fanno schifo, stanno tirando le cuoia uno a uno da vent' anni. Non essendoci un piano di lungo termine per l' economia nazionale, abbiamo campato sul piccolo, sul momentaneo, sul raffazzonato, sull' ammuina, sulla corruzione, sulle mafia, sul lavoro nero e sull' arrangiarsi.

E indoviniamo un po' chi è il CCAMPIONE di questo stile? Il più bravo (e lo è davvero -in apparenza)? Eh, si. Il piccoletto.

Ecco perché votiamo lui. Chi lo ama, ama il personaggio e la pubblicità che fa di sé stesso. Viene emotivamente coinvolto dalla sua storia di personaggio controverso ma vincente, che affronta mille peripezie col sorriso, che non si fa mai abbattere. Un vincente. Un pirata, ma un pirata vincente. Un fuorilegge, ma un fuorilegge che ti puoi fare amico facilmente. Un fuorilegge alla mano, in fondo, quasi "popolare" nonostante le sue ricchezze.

Chi non lo ama pensa solo di ricevere prebende a livello locale, perché sa che -magari- da "quegli altri" non becca un centesimo.

Chi non lo ama per niente, invece, come ben sappiamo, ammesso che percepisca ancora un senso nel votare, non sa chi votare.

(Ho ovviamente escluso da questa semplificazione quelli che "si tappano il naso", perché sappiamo tutti cosa pensano -e tra l' altro sono spesso stato uno di loro).

Ribellula ha detto...

Grazie per questo lucido, al solito, spaccato di antropologia italica. Che dire, sì, e mettiamoci anche il rincoglionimento collettivo della televisione. Quanto al consenso, chiaramente non tutti quelli che lo votano sono degli entusiasti, cionondimeno, appunto lo votano, e oggi come ieri il problema del consenso è questo.
Sono tutte componenti del berlusconismo che, credo, abbiamo ravvisato con largo anticipo, sappiamo da tempo dove si andava a parare.

Da parte mia, come vedi, da un pò preferisco far parlare la stampa estera, specialmente anglosassone, perché vi ritrovo quell'essenzialità analitica tutta inglese, insieme a un senso di stupore e di indignazione ancora vivo, soprattutto nei confronti della violazione delle più elementari regole democratiche, che in Italia abbiamo un pò perso.

Ribellula ha detto...

Poi, naturalmente, si può proseguire: alla televisione andrebbe aggiunto il cinema di propaganda (mi riferico ovviamente ai vari Vacanze di Natale) che ha sdoganato l'uomo assolutamente medio, quello i cui difetti e le cui "gaffe" sono comunque innocui e perdonabili ecc. e cioè, per ricollegarmi alle tue osservazioni, sempre lui, che è il perfetto prototipo. Ma in definitiva, concordo con te, sono elementi chiari (intendo per chiunque li voglia vedere); il problema, secondo me, non è tanto nella loro descrizione, ma nella necessità di rinnovare l'attenzione per contrastare l'atrofia generale del discorso pubblico, che mostra come il berlusconismo sia oggi più egemone che mai.