Silvio Berlusconi era approdato a Washington portandosi dietro un fardello non indifferente. L’intesa idilliaca che ha segnato i rapporti con l’amministrazione Bush appare infinitamente lontana. Obama è un altro presidente e, nel frattempo, la credibilità internazionale dell’Italia e del governo presieduto dal cavaliere è crollata verticalmente ed è oggi in caduta libera.
Molte, moltissime le ombre. La condotta politica del cavaliere, infatti, non è (più) un problema circoscritto al limitato orticello di casa. Non lo è per vari motivi. In primo luogo, la politica estera del governo guidato da Berlusconi appare, ad essere buoni, priva di una direttiva precisa e affidata agli umori del momento, alla logica di affari cotti e mangiati e alla semplice inclinazione a compiacere l’interlocutore del momento: quando si chiama Barack Obama, ma anche Avigdor Lieberman, Vladimir Putin o Muhammar Gheddafi; frequentazioni che non rappresentano certamente un buon biglietto da visita
Il rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca, per altro, non era certamente partito con il piede giusto, dopo che il cavaliere lo aveva definito “giovane, bello e abbronzato”. Barack Obama ha fama di essere uno che passa sopra a certe cose, ma certo alcune domande, è legittimo crederlo, se le deve essere poste. Per esempio: le battute razziste del cavaliere, reiterate con imprudente sprezzo del pericolo e soprattutto delle altrui sensibilità, possono ancora apparire dei “semplici” lapsus verbali, quando il governo che presiede legifera in senso violentemente xenofobo? Con una credibilità internazionale che ha decisamente toccato il fondo, l’Italia è un interlocutore affidabile? Quali sono le credenziali democratiche che oggi l’Italia può esibire?
Fatte queste premesse, dire che il viaggio americano del cavaliere fosse importante per un recupero d’immagine è dire anche troppo: forse funziona per l’Italia, ma per quanto riguarda la credibilità a livello internazionale più in basso di così non si può andare. Del resto, parliamo di un incontro al quale l’amministrazione Obama ha ritenuto di dover dedicare un’ora, il tempo di un caffè, per discutere dei preparativi per il G8 che l’Italia ospiterà a luglio; una scelta che, senza nemmeno bisogno di scomodare i codici della diplomazia internazionale, non rappresenta certamente un attestato di stima.
Ancora meno lusinghieri sono i giudizi della stampa internazionale che ormai piovono incessantemente sul cavaliere, configurando una serie di obiezioni che, se sono certamente politiche, difficilmente possono essere considerate partitiche: lo mostra il fatto che tagliano trasversalmente le griglie ideologiche, accomunando stampa e media conservatori e non.
Ad aver dato il la, questa volta, è stata la britannica BBC, sul cui sito ieri si leggeva un articolo intitolato: “Oh No, Silvio!”, per aggiungere subito dopo: “la battuta del primo ministro italiano Silvio Berlusconi sull’allora appena eletto presidente Barack Obama, definito "giovane, bello e abbronzato"grava su questa prima visita a Washington dalle elezioni”.
Giudizi molto critici ,alla vigilia dell’incontro, si leggevano anche sul blog dell’americana CBS, che propone un articolo che nel titolo definisce Berlusconi “l’anti-Obama” Nell’analisi Brian Montopoli subito dopo aver concesso che l’amicizia del cavaliere con Putin potrebbe tornare utile all’amministrazione Obama, chiosa:
In conclusione, la visita di Silvio Berlusconi a Washington non ha cambiato molto, almeno rispetto alla sua immagine all’estero. L’indice di gradimento internazionale del cavaliere era bassissimo prima della sua visita a Washington e rimane saldamente ancorato al fondo ora che si è conclusa.
Molte, moltissime le ombre. La condotta politica del cavaliere, infatti, non è (più) un problema circoscritto al limitato orticello di casa. Non lo è per vari motivi. In primo luogo, la politica estera del governo guidato da Berlusconi appare, ad essere buoni, priva di una direttiva precisa e affidata agli umori del momento, alla logica di affari cotti e mangiati e alla semplice inclinazione a compiacere l’interlocutore del momento: quando si chiama Barack Obama, ma anche Avigdor Lieberman, Vladimir Putin o Muhammar Gheddafi; frequentazioni che non rappresentano certamente un buon biglietto da visita
Il rapporto con il nuovo inquilino della Casa Bianca, per altro, non era certamente partito con il piede giusto, dopo che il cavaliere lo aveva definito “giovane, bello e abbronzato”. Barack Obama ha fama di essere uno che passa sopra a certe cose, ma certo alcune domande, è legittimo crederlo, se le deve essere poste. Per esempio: le battute razziste del cavaliere, reiterate con imprudente sprezzo del pericolo e soprattutto delle altrui sensibilità, possono ancora apparire dei “semplici” lapsus verbali, quando il governo che presiede legifera in senso violentemente xenofobo? Con una credibilità internazionale che ha decisamente toccato il fondo, l’Italia è un interlocutore affidabile? Quali sono le credenziali democratiche che oggi l’Italia può esibire?
Fatte queste premesse, dire che il viaggio americano del cavaliere fosse importante per un recupero d’immagine è dire anche troppo: forse funziona per l’Italia, ma per quanto riguarda la credibilità a livello internazionale più in basso di così non si può andare. Del resto, parliamo di un incontro al quale l’amministrazione Obama ha ritenuto di dover dedicare un’ora, il tempo di un caffè, per discutere dei preparativi per il G8 che l’Italia ospiterà a luglio; una scelta che, senza nemmeno bisogno di scomodare i codici della diplomazia internazionale, non rappresenta certamente un attestato di stima.
Ancora meno lusinghieri sono i giudizi della stampa internazionale che ormai piovono incessantemente sul cavaliere, configurando una serie di obiezioni che, se sono certamente politiche, difficilmente possono essere considerate partitiche: lo mostra il fatto che tagliano trasversalmente le griglie ideologiche, accomunando stampa e media conservatori e non.
Ad aver dato il la, questa volta, è stata la britannica BBC, sul cui sito ieri si leggeva un articolo intitolato: “Oh No, Silvio!”, per aggiungere subito dopo: “la battuta del primo ministro italiano Silvio Berlusconi sull’allora appena eletto presidente Barack Obama, definito "giovane, bello e abbronzato"grava su questa prima visita a Washington dalle elezioni”.
Giudizi molto critici ,alla vigilia dell’incontro, si leggevano anche sul blog dell’americana CBS, che propone un articolo che nel titolo definisce Berlusconi “l’anti-Obama” Nell’analisi Brian Montopoli subito dopo aver concesso che l’amicizia del cavaliere con Putin potrebbe tornare utile all’amministrazione Obama, chiosa:
Naturalmente, è possibile che la prima motivazione per il presidente sia semplicemente quella di togliersi l’incontro dai piedi. L’amministrazione Obama ha tenuto il leader italiano a distanza,ma non potevano continuare per sempre, e sembra aver deciso che è arrivato il momento per Obama di indossare un sorriso e segnalare pubblicamente che i due uomini stanno lavorando a un terreno comune.Anche Maria Sanminiatelli, sul Washington Post , nota lo “stridente contrasto” tra i due leader:
Sarà interessante osservare il linguaggio del corpo del presidente dopo l’incontro di questo pomeriggio per vedere se racconterà una storia diversa
Obama è un presidente giovane e dinamico con una luminosa immagine familiare e una reputazione di self-control alla quale deve il suo soprannome, "No Drama Obama."; è molto ammirato all’estero, specialmente nell’Europa occidentale”Impietoso, infine, il quadro tracciato da The Nation, probabilmente il più importante settimanale americano su temi di politica e cultura, con un articolo a firma Frederika Randall intitolato “L’imperatore italiano incontra” Obama:
“Da parte sua, Berlusconi è una magnate dei media e uno degli uomini più ricchi d’Italia, tormentato da processi penali e da accuse sul conflitto d’interessi, scandali plateali e e gaffe da titolo di giornale che gli hanno attirato il disprezzo di altri Paesi sebbene abbiano contribuito poco ad intaccare il suo elevato indice di consenso in Patria. “
Berlusconi, quell’insolente uomo d’affari e miliardario che governa l’Italia come la sua vita private. Proprietario di diverse reti televisive, riviste e quotidiani. Colui che investe di posizioni politiche attraenti giovani donne con scarse con scarse credenziali..Quello che si è garantito piena immunità giudiziaria, tanto che quando il suo avvocato inglese David Mills, il mago che ha creato i suoi conti offshore, è stato condannato per aver ricevuto da Berlusconi una cospicua tangente per mentire sotto giuramento su quei conti, Berlusconi è rimasto illeso. "L'Imperatore,"come lo ha definito sua moglie Veronica Lario, il 3 maggio,quando ha annunciato che avrebbe chiesto il divorzio. Il tipo al quale piace intrattenere ospiti (come l’ex premier ceco, Mirek Topolánek) nel suo Palazzo personale del piacere in Sardegna, con dozzine di attraenti giovani donne,alcune delle quali minorenni, per trascorrere pomeriggi seminudi in piscina. Il burlone che ha commissionato lo sconvolgente e adulatorio inno del partito "Meno male che Silvio c'e";colui il quale, tra makeup, plastiche facciali e trapianti di capelli,ricorda sempre di più al leader nordcoreano Kim Jong Il, comprese la lacca per i capelli e le restrizioni sulla stampa. Il fornitore di panem et circenses,che è apparso in televisione tre giorni prima delle elezioni,guardando nella telecamera e negando di aver già venduto la star del Milan (l’aveva venduta). (…)Unico rilievo politico del viaggio americano: l’Italia ha accettato tre “detenuti” di Guantanamo, che il presidente Obama si sta prodigando a “collocare”, chiedendo la collaborazione dell’Europa. Il cavaliere ha inoltre offerto una scontata disponibilità a rafforzare la presenza italiana in Afghanistan.
In conclusione, la visita di Silvio Berlusconi a Washington non ha cambiato molto, almeno rispetto alla sua immagine all’estero. L’indice di gradimento internazionale del cavaliere era bassissimo prima della sua visita a Washington e rimane saldamente ancorato al fondo ora che si è conclusa.
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