L'evidenza, emersa con prepotenza in questi giorni, che le piccole imprese faticano sempre di più ad ottenere credito dalle banche, deve far riflettere, una volta in più, sulla demagogia di un governo che dall'inizio della recessione ha costantemente cercato di nascondere la polvere sotto il tappeto. E' diffcile dimenticare l'invito del premier, rivolto a chi ha perso il lavoro, di darsi a commercio. Quando il cavaliere dispensa simili irriguardose esortazioni, in realtà fa leva sul fatto che dal secondo dopoguerra l'Italia ha vissuto, e in effetti largamente vive ancora, di piccole e medie imprese. Se anche quel tessuto collassa, quale sarà il prossimo consiglio? (ppc)
In proposito, riporto un recente intervento di Tito Boeri.
Tito Boeri, "Il Credito senza cultura", La Repubblica, 14/07
LE NOSTRE piccole imprese rischiano di soffocare per la stretta creditizia operata dalle grandi banche. Lo ha detto senza mezzi termini il Governatore Mario Draghi nelle sue Considerazioni finali e poi nell'intervento alla riunione dell'Abi in cui non ha lesinato critiche a chi lo ascoltava. Ma lo ha ricordato ieri anche il Presidente della Consob.
(…). Quando il ministro Tremonti dichiara, come ha fatto la scorsa settimana, che le nostre piccole imprese sono strozzate dalle banche, sta implicitamente confessando che le misure introdotte a marzo dal governo (il rifinanziamento del fondo di garanzia che avrebbe dovuto portare a 60-70 miliardi di nuovi prestiti per le imprese nelle stime, come sempre a molte cifre, del ministro) si sono rivelate del tutto inefficaci. Per affrontare seriamente il problema sarebbe stato meglio incentivare piani di
ristrutturazione del debito (che avrebbero beneficiato soprattutto le piccole imprese) anziché detassare genericamente gli investimenti, comunque finanziati, con la Tremonti ter. Bene anche sviluppare istituti come il multiaffidamento che, come messo in luce da Fabiano Schivardi su lavoce. info, potrebbe evitare che le piccole imprese si vedano chiudere i rubinetti del credito contemporaneamente da tutte le banche (mediamente sono 5 per ogni piccola impresa) presso cui prendono a prestito. Anche la riforma degli ammortizzatori sociali sarebbe di grande aiuto alle piccole imprese che oggi vengono discriminate nell'accesso alla Cassa Integrazione, il che rende i loro piani di ristrutturazione economicamente e socialmente più costosi.
Ma, si ricordava, il problema è strutturale. Per superarlo davvero bisognerà cambiare il modo di fare banca in Italia. Non è forse tanto questione di dimensione e
neanche dei comportamenti creditizi imposti da Basilea 2. Non è neanche un problema di liquidità, dato che le banche italiane continuano a disertare le operazioni di rifinanziamento a tassi dell'1 per cento (!) organizzate dalla Banca Centrale Europea. È soprattutto un problema di cultura. Ci vogliono banche che, invece di fornire credito a prezzi stracciati ai soliti noti, imparino a selezionare i progetti imprenditoriali, sapendo valutare le potenzialità che ci sono in molte piccole imprese.
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