David Runciman, uno studioso inglese dell’università di Cambridge, ha appena publicato un libro, “Political Hypocrisy”, uno studio storico-filosofico che analizza la menzogna pubblica e in particolare quella dei politici. Quando ho eltto la notizia, sul Venerdì di Republica di questa settimana, sono rimasto molto scettico, come sono sempre di fronte alla divulgazione delle ultime proprietà miracolistiche dell’acqua calda, attività nella quale alcuni ricercatori anglosassoni mi sembrano indiscussi maestri.
Mi sono quindi accostato con consumata perplessità alla lettura dell’intervista all’autore, realizzata da Roberto Bertinetti, per scoprire, con mia sorpresa, che quanto ho letto mi sembra molto interessante. Ne riporto alcuni passaggi:
“(…) Con l’arrivo prima della tv e poi dei canali satellitari all news il dibattito pubblico si è dovuto piegare a ritmi in precedenza sconosciuti. La divisione in fondo vede contrapposti gli ipocriti sinceri e quelli che fanno finta di non esserlo. I primi vanno ritenuti i più onesti e i meno dannosi, mentre gli altri spesso diventano pericolosi perché utilizzano toni messianici e tendono a sottrarsi a ogni confronto, manipolando a loro beneficio gli eventi.”
Può farci qualche esempio?
“Bill Clinton e Tony Blair sono ipocriti sinceri e con ogni probabilità anche Obama. Nel secondo gruppo metto George Bush e il vostro Silvio Belrusconi.”
Che cosa pensa di Berlusconi?
“Lo ritengo un leader abile, ma assai dannoso per l’Italia, visto che mostra la tendenza a nascondere o proteggere la vera fonte del suo potere, il suo impero mediatico, e non ha alcuna volontà di mettere fine al conflitto d’interessi che lo rende un’anomalia assoluta nell’intero Occidente. Sotto questo profilo quanto accade in Italia non trova riscontro altrove. Ma il vero problema non è costituito dall’ipocrisia di Berlusconi, visto che tutti i politici mentono, ma dalla difficoltà che incontra l’opinione pubblica nel comprenderne il gioco. Con il risultato che lui vede crescere il potere di cui dispone e la sua ricchezza personale, mentre la maggioranza dei cittadini sembra certa che la sua azione di governo farà uscire il Paese dalla crisi. Credo che finché il vostro dibattito pubblico sarà dominato da un imprenditore che vuole farsi credere uno statista rimarrete ai margini della scena internazionale.”
La parte più interessante dell’intervista, comunque, a mio avviso è questa:
La sinistra deve essere ipocrita al pari della destra o dovrebbe mantenersi pura?
“Se vuole vincere, la sinistra deve mentire come la destra. L’utopia di riuscire a mantenersi puri e casti è una zavorra terribile per la sinistra, soprattutto per quelle forze che in Italia amano presentarsi come alternative al sistema dei partiti. Ma c’è qualcuno veramente disposto a credere che chi si proclama comunista sia sincero mentre tutti gli altri sono dei bugiardi matricolati? A mio giudizio nel 2009 chi ancora ritiene il comunismo un modello mente due volte: la prima in qualità di politico (e questo non mi scandalizza), la seconda sotto il profilo intellettuale. Il comunismo è morto e sepolto, riparlarne dopo il crollo del Muro non ha senso. Per quanto riguarda il rapporto tra sinistra e ipocrisia non vedo alternative: o i suoi leader vi fanno ricorso, sia pure nella sua accezione più positiva, oppure resteranno per sempre esclusi dal governo. E chi non governa ha poche possibilità di cambiare le cose. Restare puri è impossibile. Chi lo sostiene è un bugiardo al cubo, un pericolo pubblico.”
Detto per inciso che ho un giudizio di Tony Blair meno lusinghiero di quello dell’autore, qual è l’interesse di questa analisi? Da quello che posso capire dall’intervista, il suo merito mi sembra quello di restituire alla politica il suo posto, equidistante sia dalla legittimazione del più cinico pragmatismo, che dalla deriva populista del “tanto sono tutti uguali” – due estremi che producono del resto effetti molto simili.
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