lunedì 4 gennaio 2010

Le code e la politica


Da qualche tempo mi sono trasferito, per ragioni personali, in un piccolo centro del barese. Stamattina vado dal tabaccaio per comprare una ricarica telefonica, un tipo mi passa davanti; il tabaccaio, che pure mi aveva visto, non sembra aver nulla da ridire. Guardando il tabaccaio, in modo affabile ma con voce ferma, gli dico: “C’ero io”. Il tipo mi guarda male, il tabaccaio mi è parso stupito.
Un conoscente rincontrato di recente si è trasferito a Bari per lavoro. Quando gli ho chiesto come si trovasse, la prima cosa che mi ha detto è stata: “Non male, solo che se attraversi sulle strisce devi farti il segno della croce”. E aggiunge: “La civiltà di un popolo si misura per strada”. Sono del tutto d’accordo.
Ho sempre visto un nesso tutt’altro che causale tra la diffusa incapacità di rispettare le regole più elementari di convivenza e la classe politica che abbiamo. Dove viene offeso il diritto alberga il privilegio.
Recentemente sono stato a Milano, stavolta per lavoro, per un breve periodo. C’è più rispetto per le code, ma anche più Lega. E quindi? E quindi niente, ma al di là di ogni odioso stereotipo nazionale credo che si sbagli profondamente chi crede che questa destra che guida il Paese, cinica e illiberale, sia semplicemente il parto di un nord che vota Lega. Non è meno congenere al berlusconismo lo sprezzo della regola, che apre la via al sopruso. Qualunquismo e menefreghismo sono funzionali al berlusconismo. Anche rispettare una fila è una scelta politica.

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