Nella polemica sulla riabilitazione di Bettino Craxi non poteva a questo punto mancare un intervento del direttore del Tg1 Augusto Minzolini, sceso in campo ieri sera, come apprendo dai giornali, con un editoriale.
A creare sconcerto non è, in sé, la proposta di un riesame critico della figura storica di Bettino Craxi; perché questo potrebbe essere lecito, se condotto con un minimo di onestà intellettuale e in un clima culturale meno avvezzo (e interessato) a giustificare l’impunità. A creare sconcerto, e indignazione, è, invece, proprio il fatto che la necessità di questa riabilitazione venga rivendicata in funzione chiaramente filoberlusconiana: per gli apologeti del cavaliere riabilitare Craxi significa compiere un’operazione organica all’opera di “riforma” voluta dal premier, a quelle leggi “ad libertatem” (non esiste più limite allo stravolgimento semantico) che sono leggi per la libertà di Silvio Berlusconi al di sopra della legge.
Eloquente il passaggio principale del discorso di Minzolini: “A un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria. Craxi fu mandato alla ghigliottina. Si alterò l'equilibrio nel rapporto tra politica e magistratura". Una storia, si evince senza troppa fatica, che porterebbe fino al presente, laddove, guarda caso, il cavaliere sta ingaggiando un braccio di ferro mortale contro la magistratura. Uno scontro nel quale, stando all’analisi di Minzolini, non è certamente difficile individuare torti e ragioni.
Nessuna pregiudiziale contro il revisionismo in sé: la storiografia è intrinsecamente revisionista, ma il requisito è quello di un minimo di onestà intellettuale. Il revisionismo nel senso deteriore è, invece, quello che ricostruisce il passato in modo funzionale a una menzogna nel presente. E in questo Minzolini è senz’altro maestro.
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