venerdì 15 gennaio 2010

Secondo "Il Giornale" la colpa della catastrofe di Haiti è degli haitiani. O meglio, dell'anticapitalismo

La specialità del Giornale, quella di capovolgere la realtà, non si applica soltanto alla politica interna: il quotidiano diretto da Vittorio Feltri la applica brillantemente anche alle questioni di rilevanza internazionale. Sul cataclisma di Haiti il foglio di proprietà della famiglia di Berlusconi titolava (nello stesso giorno, gioved' 14 gennaio, in cui il fido Feltri bacchettava il cavaliere per il dietro-front sul tanto sbandierato taglio delle tasse):

Haiti, catastrofe dell’anticapitalismo
Il genio di turno si chiama Nicola Porro; vale la pena riassumere brevemente la sua argomentazione, ai più volenterosi l’onere di leggere l’intero articolo.
Dopo un preludio all’insegna dell’ovvietà sul rapporto catastrofe/razionalità, l’argomentazione del nostro entra nel vivo: “Eppure quei numeri ci dicono anche che i diversi modelli di sviluppo sociale che gli uomini adottano hanno un peso nel contrastare la forza della natura. Il dramma di una regione in cui l’aspettativa di vita è di 50 anni contro i quasi 80 dei Paesi sviluppati si riflette nelle immagini tragiche del terremoto dell’altro giorno”; inizio a storcere un po’ la bocca, forse perché si inizia a palesare il nesso con quella “catastrofe dell’anticapitalismo” invocata nel titolo. È ovvio, penso dentro di me, dove ci sono povertà e baraccopoli, sono molto deboli le difese contro le catastrofi naturali. E quindi?

Ma proseguiamo: “La televisione deforma una realtà che sembra quella delle nostre tragedie ma che ne è distante anni luce. È una povertà che ci siamo lasciati alle spalle in un secolo di rivoluzione industriale prima e capitalistica poi.” Tutto inizia ad essere abbastanza chiaro da interrompere la lettura, ma voglio continuare: “È vero, il dramma che si sta consumando in queste ore ci ricorda dell’impotenza dell’uomo. Ma nello stesso tempo della sua forza. È questa la feroce contraddizione a cui ci riporta il dramma di Haiti. Noi occidentali abbiamo la presunzione di aver domato definitivamente la natura. E in ciò sbagliamo. Ma noi occidentali abbiamo anche la consapevolezza di aver migliorato la nostra condizione, di aver costruito il nostro destino, di aver fatto un passo avanti. E su questo abbiamo ragione”.

Tutto chiaro, no? Secondo il pirotecnico storico delle idee Nicola Porro, la povertà di Haiti sarebbe dovuta al fatto che quella regione del mondo non ha voluto scegliere il capitalismo, e dunque non ha raggiunto lo stesso livello di sviluppo dell’Occidente; e in questo modo si spiega il titolo: “catastrofe dell’anticapitalismo”: Come dire, la colpa è loro, che non si sono evoluti!

Per quale motivo, poi, Haiti non abbia raggiunto quel livello di sviluppo, non gli viene nemmeno lontanamente in mente di chiederselo. La risposta la diamo noi in sintesi, ed è più o meno questa: Haiti è povera, tra le altre cose, perché secoli di controllo e di occupazione di potenze straniere (capitaliste), poi l’occupazione americana nel Nocevento hanno fatto si che lo fosse e che continui ad esserlo.
Si tratta, semmai, di una delle tante catastrofi del capitalismo, o meglio, direi, del colonialismo!
Tutta l'argomentazione assomiglia a quella di Pangloss, il precettore di Candido; per giustificare l’ordine immodificabile della società feudale, egli affermava: “Perché esistono le gambe? Per portare le calze.”
Analogamente, per Porro gli haitiani sono poveri ed esposti alle catastrofi perché anticapitalisti.

Tanto per cambiare il Giornale afferma l’esatto contrario della verità. In questa sua sistematicità inizio a trovarlo in qualche modo utile.

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