sabato 31 luglio 2010

Liberté, Egalité, Répression





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Sono stato a Parigi due volte, la prima nel 2008, la seconda quest’anno, in entrambi i casi per. brevi soggiorni. L’ultima volta, una delle cose più istruttive è stata una lunga chiacchierata con un amico, italiano, più grande di me. Archeologo, lavorava già con la Francia da parecchi anni, quando a un bel momento,visto l’andazzo in Italia ha deciso di trasferirsi a Parigi. Si è trasferito con la famiglia, numerosa, senza pensarci su molto.
Non manca mai di dirmi che in Francia si sta bene. Qui gli stipendi sono più alti, pur tenendo conto del costo delle vita più elevato, mi aveva detto già la prima volta. Se perdi un lavoro hai delle tutele. Gli ammortizzatori sociali funzionano. Eccetera.
Anche l’ultima volta ha esordito così, ma mi ha voluto raccontare soprattutto i rovesci della medaglia. Mi ha presentato la Francia come una nazione ossessionata, a tutti i livelli, da un malinteso mito della produttività. Dall’ansia per il risultato. Cominciano dalla scuola. Lo vedeva bene con i figli, che erano continuamente tartassati. Per quanto bene potessero andare a scuola, l’esortazione ai colloqui con i genitori era sempre la stessa: potrebbero fare di più.
Restò sbalordito quella volta che un insegnante gli disse: “Sa qual è il problema di sua figlia?” Lui non sapeva che sua figlia avesse un problema. Allora, con aria fintamente interrogativa gli disse che no, non lo sapeva, qual era questo problema? Sua figlia era immatura, fu la risposta.
Allora sua figlia aveva dieci anni. Immatura, a dieci anni. Quel responso lo lasciò interdetto. Ha ragione. Dieci anni è presto per tutto: anche per essere immaturi. Soprattutto, per essere immaturi. Proseguì sciorinandomi alcune statistiche. la Francia è il Paese europeo con il più elevato consumo di psicofarmaci. L’otto per cento della popolazione è depressa. Il quattro per cento è considerata depressa cronica, a rischio di suicidio. Il quadro che mi stava tratteggiando mi colse un po’ di sorpresa, se non altro nelle proporzioni. A questo punto mi parlò della polizia francese. Non litigarci mai e se ti capita di essere fermato per qualche motivo cerca di essere il più conciliante possibile. Ti mettono dentro come nulla fosse. Possono tenerti dentro tutta la notte ammanettato a un palo, fino alle undici della mattina dopo, così, giusto per farti schiarire le idee. La legge glielo permette. Il cinque per cento dei francesi ha passato almeno una notte in prigione. Convenimmo che fosse una percentuale spaventosa e che non fosse spiegabile senza ammettere un’eccessiva durezza da parte della gendarmerie Poi mi raccontò che una sera la moglie percorreva in macchina una strada pochissimo trafficata. Arrivata a un incrocio guarda a destra, guarda a sinistra; non c’è nessuno e lei va. A quel punto sente le sirene spiegate della polizia che la insegue. Ovviamente lei si ferma, il poliziotto le entra nel finestrino col dito, lei prova a giustificarsi: “mi sono fermata”. No, dice il poliziotto, “tu as glissé”. Intendeva dire che non è sufficiente guardare di qua e di là, occorre fermarsi, guardare da ambo le parti e solo allora procedere.
Quella sera, facendo una passeggiata a piedi per Boulevard Voltaire, nell’11esimo arrondissement mi trovo ad attraversare e mi accorgo per la prima volta che un segnale invitava ad attraversare in due riprese. Solo allora, dopo la chiacchierata di quel pomeriggio col mio amico, il senso di quell’invito mi fu del tutto chiaro
Insomma ordine e sicurezza. Controllo e pressione sociale. il mio amico fa risalire tutto questo alla radice germanica di quelli che prima di essere francesi furono franchi. Mi disse che a volte stuzzicava gli amici francesi dicendo loro che, malgrado la rivoluzione francese, le origini erano decisive ed erano diventati più tedeschi dei tedeschi. Io, con il mio impianto più modernista in materia di storia, gli feci notare che quella spiegazione poteva essere integrata con quella della forma che, sul suo nascere, assume lo Stato moderno in Francia. Luigi XIV, l’accentramento burocratico e fiscale, l’esercito, lo Stato forte. Forse, perché su questo tipo di letture è bene sempre essere prudenti. Ma su una cosa ci sentimmo di essere sicuramente d’accordo: la Francia non è stata plasmata soltanto dalle tanto decantate conquiste della rivoluzione francese, sintetizzate nel trittico Liberté, Egalité, Fraternité.

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