L’articolo che propongo di seguito, di Stefano Liberti su Il Manifesto, getta una luce sinistra sui centri di detenzione libici, veri campi di concentramento nei quali i maltrattamenti sono la regola e il decesso è un evento tutt’altro che raro. E tuttavia sarà opportuno ricordare anche il contesto, che è quello della politica dei respingimenti attuata dal governo italiano a partire dal maggio 2009 e degli accordi italo-libici, che configurano una chiara responsabilità fattuale e morale da parte dell’Italia, come giustamente ricorda lo stesso Liberti, poiché non pochi richiedenti asilo si trovano nei centri di detenzione del Paese nordafricano per effetto di quella politica e di quegli accordi (ppc)
«Fate intervenire la comunità internazionale. Temiamo per la nostra vita». La richiesta d’aiuto arriva dal centro di detenzione libico di Braq, dai 245 richiedenti asilo eritrei trasferiti manu militari da Misratah il 30 giugno. Un grido di disperazione per una situazione che, nelle parole degli stessi immigrati, «si fa di ora in ora più critica». Secondo le testimonianze raccolte per telefono direttamente dal centro, tra i 245 «reclusi» ci sarebbero una ventina di feriti, anche con lesioni gravi.
di Stefano Liberti – 5 luglio 2010
www.ilmanifesto.it, via www.abassavoce.info
«Fate intervenire la comunità internazionale. Temiamo per la nostra vita». La richiesta d’aiuto arriva dal centro di detenzione libico di Braq, dai 245 richiedenti asilo eritrei trasferiti manu militari da Misratah il 30 giugno. Un grido di disperazione per una situazione che, nelle parole degli stessi immigrati, «si fa di ora in ora più critica». Secondo le testimonianze raccolte per telefono direttamente dal centro, tra i 245 «reclusi» ci sarebbero una ventina di feriti, anche con lesioni gravi.
di Stefano Liberti – 5 luglio 2010
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