venerdì 18 novembre 2011

Degli eversori immaginari e di quelli certificati

Capisco le perplessità che hanno accompagnato la formazione del governo Monti, e alcune le condivido, anzi tutto perché è un governo che nella sua composizione esprime una parte precisa ed una parte sola del paese, avendo le sue solide radici e i suoi più influenti sponsor Oltretevere. Mi scandalizza meno, invece, la matrice liberista, perché non è scoperta di oggi che purtroppo non disponiamo, a causa di una tragica mancanza di fantasia, di una ricetta diversa per le urgenze. E sul rapporto tra mercati e democrazia ci sarà certamente da ragionare, e molto. Purtroppo non era questo il tempo perché non c’era più tempo.

Ma sono a mia volta perplesso di fronte al sentire diffuso che associa il governo appena formato ad una presunta “sospensione della democrazia”, almeno nelle forme in cui tale connessione viene espressa . Ma, insomma, certo che questo non è un governo eletto, non lo è perché è un governo di salvezza nazionale, cionondimeno è un’opzione giuridicamente e costituzionalmente prevista, quando cade un governo: il presidente della Repubblica verifica se esistono le condizioni per formarne uno nuovo.

Il ricorso alle urne sarebbe stata ovviamente l’opzione desiderabile, se non fosse che non lo era, per due motivi: 1) avrebbe richiesto dei tempi che non ci potevamo (più) permettere; 2) comunque, non con questa legge elettorale.

Un governo di transizione affonda le ragioni della sua necessità in circostanze eccezionali, dunque non parlerei davvero di sospensione della democrazia per il fatto di non essere un governo eletto, semmai è l’indebolimento della democrazia a condurre alle condizioni eccezionali, e le ragioni di tale indebolimento vanno ricercate nel berlusconismo; non direi, dunque, che la democrazia è stata messa in parentesi, siamo piuttosto di fronte al conclamato e certificato fallimento di un modo di fare e di intendere la politica.

Parlare di sospensione delle democrazia proprio quando usciamo dall’esperienza del berlusconismo di governo, dunque, mi sembra fuorviante. Eppure è questo il modo in cui è stato accolto il governo Monti anche da osservatori di tutto rispetto. Non mi riferisco a Berlusconi, mi riferisco per esempio a Piergiorgio Odifreddi. Resto perplesso quando leggo che anche Odifreddi, su Repubblica, dopo la nomina di Monti a senatore a vita, descriveva un eventuale governo Monti come “un esautoramento della volontà popolare, visto che Monti avrà anche ricevuto nomine governative e presidenziali, ma certo non è mai stato eletto dagli elettori”. Non soltanto Odifreddi, anche altri osservatori colti ed autorevoli sollevano il problema della presunta sospensione della democrazia negli stessi termini, non da ultimo l’Independent, eppure né Odifreddi né l’Independent ignorano che l’Italia è una democrazia parlamentare e che l’iter che ha portato alla formazione del governo Monti non ricade certamente al di fuori delle regole democratiche. Da osservatore anch’io, dunque, la domanda che ne ricavo è perché accade che Odifreddi e l’Independent parlino come Berlusconi (di sospensione della democrazia) e alcuni studenti, se non in qualche modo il senso comune, come la Lega (di governo dei banchieri). È, questo, un “governo dei banchieri”, o ancor peggio siamo di fronte a una cospirazione internazionale tesa ad instaurare il Nuovo Ordine Mondiale? A questa seconda opzione il neopremier Monti ha risposto con l’ironia che merita. Certo, i trascorsi di Monti non sono misteriosi, e anche quelli dei ministri che formano il nuovo governo, se presentano elementi di discontinuità con il passato, presentano anche elementi di continuità; a ciò di aggiunga che chi scrive è tutto fuorché un fautore della ricetta neoliberista, che anzi ha palesemente fallito, ma sono anche convinto che l’intelligenza delle cose conti molto e possa valere anche molto di più delle posizioni; e Monti ne è ben provvisto. Quanto alla teoria della cospirazione in circolazione, che non diversamente da ogni altra teoria della cospirazione prende degli elementi di verità per organizzarli a sostegno di un diabolico disegno, non è soltanto una sciocchezza, è soprattutto carburante per la Lega. Inoltre, sebbene sia evidente che molte delle misure applicate saranno eterodirette e verranno di fatto imposte dalla BCE e dal FMI (il che, intendiamoci, non è mica piacevole!), penso davvero che come accade nei momenti di massima emergenza ci si lascerà guidare da una dose massiccia di buon senso. È inutile dire che questa deve suonare come una grande notizia non appena si faccia un semplice e sommario raffronto con il governo uscente, dove il buon senso era uno dei grandi assenti, insieme a competenze, decoro e rispetto delle istituzioni.

Tutto questo ora ce l’abbiamo, e su questo non c’è dubbio, si veda il profilo, elevato, dei nuovi ministri, si riascolti il discorso pronunciato ieri dal neopremier davanti al Senato, per renderci conto che abbiamo quello che ci serviva: un governo serio.

Certo, alla fine, se tutto andrà bene, avremo i conti in ordine e saremo un po’ più poveri ; su questo non è il caso di farci illusioni. Ma soprattutto non sarebbe affatto ragionevole basare il nostro giudizio dell’operato di questo governo sul criterio di valutazione di una maggior ricchezza. In fondo, perché tanta sorpresa? Dopo 17 anni di anestesia totale non ci si può meravigliare se toccherà ad una squadra di chirurghi rimettere in ordine i conti. Non si può pensare che non saranno sacrifici e del resto il grande imbonitore che ha convinto più di mezza Italia che l’avrebbe arricchita tutta ci ha portato sull’orlo del baratro.

La chiave, dunque, non è questa, perché si tratta di risalire da un abisso nel quale siamo precipitati, le parole d’ordine sono state del resto scandite a dovere: ordine dei conti che si coniuga a crescita ed equità sociale. In tale caso, se alla fine di questa esperienza di governo ci troveremo più poveri, si saranno almeno affrontati o impostati alcuni dei nodi strutturali, dopo di che dovrà essere la politica, in forte discontinuità con il passato come ci auguriamo tutti, a riprendere il percorso. È lo stesso Monti a dimostrare di avere ben chiara questa via, come testimonia il discorso pronunciato ieri dinnanzi al Senato, che per conto mio è condivisibile pressoché in toto. C’è disponibilità reale ed attenzione per l’equità sociale, e anche l’istituzione di un ministero per l’integrazione va in una direzione molto desiderabile. Non ci si deve illudere che questo governo, benedetto dalle alte gerarchie vaticane, in questo campo come in altri possa dare un’impronta veramente liberale alle sue politiche, ma è comunque il segno positivo di un’attenzione e di un esplicito riconoscimento alle ragioni dell’inclusione e alla necessità di battere una via molto diversa da quella fin qui percorsa.

In circostanze meno emergenziali, questa è un’eredità che potrà essere raccolta con miglior profitto, ma occorre che soprattutto a sinistra si lavori affinché nascano gli strumenti atti allo scopo; perché in Italia i nodi fondamentali – a cominciare da diritti, lavoro ed inclusione – definiscono un percorso che è ancora largamente da avviare.

Così potrebbe accadere che, paradossalmente, con il buon senso delle emergenze, la squadra guidata dal liberista Monti potrebbe fare in termini di “equità sociale” non solo, come è ovvio, molto di più di quanto abbia fatto la masnada di illiberali, affaristi e cinici opportunisti che ci hanno condotto a questo sprofondo, ma anche più di quanto sarebbe lecito attendersi. Del resto se la patrimoniale non si farà con ogni evidenza è perché Berlusconi si sarà messo di traverso. Ma una volta in più: eversivo non è il “governo dei banchieri”, e non certamente il compassato Mario Monti, l’eversore è sempre lì, non ha rinunciato al mandato che si è assegnato e renderà la vita difficile a questo governo; che in un primo momento ha accettato a denti stretti nello sforzo di rendere meno atroce la percezione del totale fallimento del proprio governo, ma non ha tardato a palesare la vera strategia, quella di battere sul tasto della sospensione della democrazia, con la quale, da esperto populista qual è, cerca di interpretare e cavalcare malcontento e diffidenza. Sarebbe il caso di non dargli ancora una volta una mano.

Se, invece, questo governo arriverà alla fine del suo mandato facendo ragionevolmente quello che deve, dubito che possa venirne gran danno; non risolverà certamente i problemi radicati dell’Italia, e del resto non è chiamato a farlo, ma ci permetterà di arrivare al 2013 con i conti in ordine, con delle premesse per la ripresa e molto auspicabilmente con una nuova legge elettorale. Sarà allora che bisognerà offrire, una volta buona, una visione, che quei problemi sappia risolutamente affrontarli.

Nel frattempo, sosteniamolo criticamente, ma non facciamo il gioco dei soli eversori certificati, Berlusconi e Lega.

Articolo pubblicato su Paneacqua.eu e Spazio lib-lab

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