“A decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale di cui l’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato e lavorato legalmente, con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno 10 anni nel territorio nazionale”
La Lega ammette candidamente, per voce del suo delegato Matteo Brigantini: erano gli immigrati il bersaglio della norma, inserita nel testo del decreto legge sulla manovra economica, che, se tradotta in legge, escluderà 800.000 persone dall’accesso agli assegni sociali. Le cose, come riferisce lo stesso Brigantini, sono andate così: i due requisiti previsti dal testo, quello della residenza per almeno 10 anni e quello che vincola l’accesso al beneficio e un eguale periodo di lavoro, sono frutto di due proposte separate. La prima era stata avanzata dallo stesso deputato leghista; la seconda dall’onorevole Karl Zeller dell’Svp. Nella formulazione finale, complice la fretta di approvare il provvedimento, le due formulazioni si sono mischiate colpendo anche molti italiani che fin ora hanno percepito l’assegno (sia chiaro che si sta parlando di circa 400 euro al mese!).
L’ammissione è, se possibile, ancora più aberrante del pasticcio, perché denota diverse cose: a) l’impronta xenofoba del provvedimento. Come altro definire una norma che si propone esplicitamente di colpire gli stranieri?; b) il suo carattere anti-sociale, perché contribuisce a smantellare quel poco di welfare che esiste in Italia; c) la superficialità di questa maggioranza, che anche quando si prefigge di far male riesce comunque a far peggio.
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