Parole. Che cambiano di significato. Lingua, società, modi di pensiero, connotazioni di senso. Difficile inquadrare questi elementi in un ordine di relazioni univoche. Semmai, esiste un condizionamento reciproco. Strutture sociali che mutano, influenzate dalla politica che cambia e che è a sua volta influenzata da quelle. Possiamo solo valutare il risultato che ritroviamo, e cercare di ristabilire in modo analitico il processo che vi ha portato. Descrivendolo nelle sue figure, mettendo in relazione fatti, cercando concordanze.
Di certo, tutte le dittature sono state preparate da una riforma linguistica, perché per imporre il potere, nella società di massa, si è sempre reso necessario modificarne la rappresentazione della realtà, orientandola verso i fini desiderati.
A dire il vero questo non vale soltanto per le dittature. Vale anche per le democrazie demagogiche, come l’Italia si avvia tristemente a diventare.
“Giustizialismo” è l’accusa che viene rivolta a chi chiede più giustizia (per esempio a Di Pietro, la cui protesta si incardina contro le leggi ad-personam); “teorema accusatorio” è la formula che il leader del PdL ha utilizzato a caldo per definire l’atteggiamento della magistratura, che si suppone quindi essere persecutorio, in occasione del recente arresto del presidente della regione Abruzzo Ottaviano Del Turco. Peccato che contro l’ex dirigente della CGIL gravino accuse molto pesanti (associazione a delinquere, corruzione e concussione) che sembrano, per altro, essere fondate, mentre la valutazione espressa da Berlusconi sarebbe adatta alla persecuzione di un innocente, o comunque di qualcuno sul quale non esistano prove a carico sufficienti. Certo, c’è la presunzione d’innocenza, ma da qui a parlare di accanimento giudiziario ce ne passa.
Nessun commento:
Posta un commento