Sulle pagine dei quotidiani si stagliano le dichiarazioni di Giulio Tremonti: "Le banche sono solide". C'è da dire che, prima di qualsiasi analisi, a leggere il solito ritornello del ministro dell'economia, ormai reiterato da quando è esplosa la crisi dei muti subprime americani, si è assaliti da una giustificata irritazione. Ma come "le banche sono solide"? E, anche ammesso che ora lo siano un po' più di prima, perché lo sono?
Ricapitoliamo. 8 ottobre: il governo italiano vara il decreto "salva-banche", in realtà sulla linea dell'atteggiamento di molti governi europei. Il decreto legge contiene provvedimenti d'urgenza per la stabilità delle banche messe a dura prova dal crac dei mercati. Stanziamenti non programmati nell'entità, ma da valutare di volta in volta e da caso a caso. Insomma, si tappano i buchi come si può, a pagare è il Tesoro per le banche che hanno solo un problema di liquidità, mentre per i casi più disastrati si prevede l'intervento diretto dello Stato. "Il sistema italiano - aveva sottolineato Tremonti - è solido". Berlusconi si era affrettato a chiarire che non ci sarebbero state ripercussioni sui risparmiatori.
Un messaggio ribadito martedì scorso da Tremonti dopo una riunione del suo "comitato per la stabilità": le banche nel complesso sono solide e stanno continuando a sostenere famiglie e aziende. Francamente riesce difficile crederlo - anche volendo sorvolare su un sistema bancario, quello italiano, che contemplava i costi di gestione da parte dei correntisti tra i più elevati in Europa, anche prima della crisi. Le risorse non sono infinte e scegliere di drenarne molte nelle banche significa inevitabilmente toglierle da altre parti. Per capire da dove si stiano togliendo, basterebbero un paio di considerazioni: la prima è che, dati alla mano, in Italia il divario tra ricchi e poveri sta aumentando; il secondo è che ieri il Senato ha approvato il decreto Gelmini, che riduce drasticamente i fondi destinati alla scuola pubblica.
L'Italia non è certamente l'unico paese europeo che sta seguendo una politica volta a sostenere le banche. Quello che non va è che il governo lo sta facendo in modo pochissimo trasparente. Ultimamente molti commentatori, anche autorevoli, osservano che anche la demagogia è diventata bipartisan. Non esageriamo. A volte bisogna capire da che parte viene il pericolo e non stare alla finestra.
Ricapitoliamo. 8 ottobre: il governo italiano vara il decreto "salva-banche", in realtà sulla linea dell'atteggiamento di molti governi europei. Il decreto legge contiene provvedimenti d'urgenza per la stabilità delle banche messe a dura prova dal crac dei mercati. Stanziamenti non programmati nell'entità, ma da valutare di volta in volta e da caso a caso. Insomma, si tappano i buchi come si può, a pagare è il Tesoro per le banche che hanno solo un problema di liquidità, mentre per i casi più disastrati si prevede l'intervento diretto dello Stato. "Il sistema italiano - aveva sottolineato Tremonti - è solido". Berlusconi si era affrettato a chiarire che non ci sarebbero state ripercussioni sui risparmiatori.
Un messaggio ribadito martedì scorso da Tremonti dopo una riunione del suo "comitato per la stabilità": le banche nel complesso sono solide e stanno continuando a sostenere famiglie e aziende. Francamente riesce difficile crederlo - anche volendo sorvolare su un sistema bancario, quello italiano, che contemplava i costi di gestione da parte dei correntisti tra i più elevati in Europa, anche prima della crisi. Le risorse non sono infinte e scegliere di drenarne molte nelle banche significa inevitabilmente toglierle da altre parti. Per capire da dove si stiano togliendo, basterebbero un paio di considerazioni: la prima è che, dati alla mano, in Italia il divario tra ricchi e poveri sta aumentando; il secondo è che ieri il Senato ha approvato il decreto Gelmini, che riduce drasticamente i fondi destinati alla scuola pubblica.
L'Italia non è certamente l'unico paese europeo che sta seguendo una politica volta a sostenere le banche. Quello che non va è che il governo lo sta facendo in modo pochissimo trasparente. Ultimamente molti commentatori, anche autorevoli, osservano che anche la demagogia è diventata bipartisan. Non esageriamo. A volte bisogna capire da che parte viene il pericolo e non stare alla finestra.
Intervento publicato su Aprileonline del 30/10/2008. Fonte della foto: Youblob.org
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