mercoledì 12 novembre 2008

Se la libera scelta viene negata


Stefano Rodotà, su La Repubblica di oggi, non esita a parlare di “nuovo potere temporale”. E stando all’enfasi, alla tempestività e alla violenza dell’offensiva del Vaticano la definizione non appare eccessiva. Un duplice attacco, quella sferrato ieri dal cardinale Barrigan, presidente del Pontificio consiglio per la salute. Rivolto verso l’interno, all’indirizzo della Corte di Cassazione, proprio mentre i giudici, sottolinea Rodotà, sono riuniti in camera di consiglio per discutere il ricorso del procuratore generale di Milano contro il provvedimento che ha autorizzato l’interruzione dei trattamenti per Eluana Englaro. Ma anche verso l’esterno. Il cardinale Barrigan, infatti, ha rivolto i suoi anatemi all’indirizzo del neoeletto presidente americano Barack Obama, che in settimana aveva dichiarato di voler cancellare numerosi provvedimenti dell’amministrazione Bush, varati senza il consenso del Congresso. Soprattutto quello che vieta la ricerca sulle cellule staminali. Una promessa che il candidato democratico aveva fatto durante la campagna elettorale, correndo il rischio di alienarsi una parte dell’elettorato cattolico, ma venendo ampiamente ripagato dai risultati elettorali. Se prevarranno gli aspetti legati alla bioetica, i rapporti tra il Vaticano e il presidente americano entrante non saranno idilliaci, mentre sul multilateralismo e sulla lotta alla povertà esistono punti d’incontro e mediazioni possibili. Con George W. Bush l’intesa, che a tratti è apparsa cristallina, ha seguito del resto uno schema esattamente inverso.

Ma a preoccupare è soprattutto l’offensiva della Chiesa verso l’interno, segnata da un’intransigenza che trova contrari anche molti cattolici che non si riconoscono nelle posizioni delle Cei e nel corso impresso alla Chiesa da papa Benedetto XVI, orientato verso una rigida chiusura identitaria. Soprattutto, quello che evidentemente non piace a quei cattolici che non vogliono vivere la propria religione in modo ideologico, è il tentativo di imporre dettami e in ultima analisi di controllare tutti gli aspetti della vita, fino a quello più eclatante e controverso, la decisione estrema nella quale si compie la libertà di decidere in che modo disporne.
Questi due modi così diversi di vivere e di sentire la religione riflettono una contrapposizione, una tensione che appartiene alla storia del Cristianesimo, e che oggi trova un nuovo terreno di scontro nei grandi problemi che nascono nel confine inafferrabile che si trova tra vita e innovazione tecnologica, tra etica e scienza.

L’enfasi della Chiesa non è una posizione necessaria, non è indicata dalla fede cristiana come scelta ineludibile. Né il Vaticano dovrebbe arrogarsi la prerogativa esclusiva di difendere il diritto alla vita. Anche un laico è convinto, sul piano personale, della sacralità della vita. Ma non per questo ha la presunzione di saper rispondere a un interrogativo così difficile, se difendere la vita voglia dire mantenerla artificialmente oppure scegliere di poter morire.
La differenza è che un laico distingue, e chiede che si distingua, tra il proprio convincimento personale e la legge, che invece deve lasciare la possibilità di un comportamento difforme dal proprio, personale sistema di valori.

Tra moralità e moralismo esiste una differenza che è molto più di una sfumatura. Il moralismo è anzi l’esatto opposto della moralità, perché consiste nella volontà di imporre a tutti i propri, soggettivi, valori. Mentre l’essenza della morale sta nel fatto che scegliamo, sempre, tra valori che si escludono vicenda e che si accompagnano a un simmetrico disvalore. Così, tutte le scelte fondamentali, quelle che mettono in gioco noi stessi, portano con sé una contropartita, una perdita, un fardello di dolore. Bene e male non sono separati, distinti una volta per tutte, ma compresenti nell’uomo, che scegliendo il bene sceglie anche, inevitabilmente, anche il male. Nella scelta l’uomo è sempre solo, lo è, tremendamente, il padre di Eluana, che tutto meriterebbe, come contropartita della sua sofferenza, tranne che qualcuno gli dica cosa è giusto fare e cosa no. Di fronte a ciò la legge ha due vie: o lasciare al singolo la scelta finale, o imporre cosa è giusto e cosa non lo è. La prima strada caratterizza uno stato laico e democratico, la seconda è la strada perseguita dalla Chiesa nel tentativo di condizionare il processo legislativo. In Italia e fuori dell’Italia, all’insegna di un “ecumenismo” che ha poco di universale e molto di moralistico.

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