Ma a preoccupare è soprattutto l’offensiva della Chiesa verso l’interno, segnata da un’intransigenza che trova contrari anche molti cattolici che non si riconoscono nelle posizioni delle Cei e nel corso impresso alla Chiesa da papa Benedetto XVI, orientato verso una rigida chiusura identitaria. Soprattutto, quello che evidentemente non piace a quei cattolici che non vogliono vivere la propria religione in modo ideologico, è il tentativo di imporre dettami e in ultima analisi di controllare tutti gli aspetti della vita, fino a quello più eclatante e controverso, la decisione estrema nella quale si compie la libertà di decidere in che modo disporne.
Questi due modi così diversi di vivere e di sentire la religione riflettono una contrapposizione, una tensione che appartiene alla storia del Cristianesimo, e che oggi trova un nuovo terreno di scontro nei grandi problemi che nascono nel confine inafferrabile che si trova tra vita e innovazione tecnologica, tra etica e scienza.
L’enfasi della Chiesa non è una posizione necessaria, non è indicata dalla fede cristiana come scelta ineludibile. Né il Vaticano dovrebbe arrogarsi la prerogativa esclusiva di difendere il diritto alla vita. Anche un laico è convinto, sul piano personale, della sacralità della vita. Ma non per questo ha la presunzione di saper rispondere a un interrogativo così difficile, se difendere la vita voglia dire mantenerla artificialmente oppure scegliere di poter morire.
La differenza è che un laico distingue, e chiede che si distingua, tra il proprio convincimento personale e la legge, che invece deve lasciare la possibilità di un comportamento difforme dal proprio, personale sistema di valori.
Tra moralità e moralismo esiste una differenza che è molto più di una sfumatura. Il moralismo è anzi l’esatto opposto della moralità, perché consiste nella volontà di imporre a tutti i propri, soggettivi, valori. Mentre l’essenza della morale sta nel fatto che scegliamo, sempre, tra valori che si escludono vicenda e che si accompagnano a un simmetrico disvalore. Così, tutte le scelte fondamentali, quelle che mettono in gioco noi stessi, portano con sé una contropartita, una perdita, un fardello di dolore. Bene e male non sono separati, distinti una volta per tutte, ma compresenti nell’uomo, che scegliendo il bene sceglie anche, inevitabilmente, anche il male. Nella scelta l’uomo è sempre solo, lo è, tremendamente, il padre di Eluana, che tutto meriterebbe, come contropartita della sua sofferenza, tranne che qualcuno gli dica cosa è giusto fare e cosa no. Di fronte a ciò la legge ha due vie: o lasciare al singolo la scelta finale, o imporre cosa è giusto e cosa non lo è. La prima strada caratterizza uno stato laico e democratico, la seconda è la strada perseguita dalla Chiesa nel tentativo di condizionare il processo legislativo. In Italia e fuori dell’Italia, all’insegna di un “ecumenismo” che ha poco di universale e molto di moralistico.
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