giovedì 25 dicembre 2008

Conflitto israelo-palestinese: per un vero cambiamento serve una nuova strategia


In un recente articolo pubblicato sul Jerusalem Post, Yossi Alpher, esperto di questioni mediorientali, mette in luce l’inefficacia delle strategie che Israele, al pari degli altri attori interessati nel conflitto israelo-palestinese, ha fin qui adottato nei confronti di Hamas.

Secondo Alpher, la recente conclusione ufficiale dei sei mesi di cessate il fuoco con Hamas nella striscia di Gaza non cambierà molto nelle relazioni tra Israele e Hamas. Naturalmente, molto potrà cambiare per quegli israeliani e Palestinesi che saranno nuovamente esposti a un pericolo fisico imminente. “Ma esattamente come prima e durante il cessate il fuoco, il Paese continuerà a non sapere cosa fare con Hamas.”

Non solo Israele, ma anche l’Egitto, l’OLP, gli Stati Uniti e l’Europa resteranno a un punto fermo, perché “nessuno di questi attori ha una strategia utilizzabile per relazionarsi con Hamas”. Con la differenza, nota l’autore, che mentre Washington e Bruxells possono forse permettersi di perseverare in questo atteggiamento, per Gerusalemme, Il Cario e Ramallah “questa è diventata una lacuna critica e imperdonabile.”

Le strategie fin qui adottate nei confronti di Hamas sono state dunque del tutto inefficaci nel corso degli ultimi tre anni, cioè da quando Hamas, contro ogni pronostico, ha vinto le elezioni legislative in Palestina. La strategia più frequente è stata quella del boicottaggio economico o del blocco. Lo scopo è quello di impedire che tutti i beni, all’infuori di quelli primari strettamente necessari, come il cibo le medicine e i servizi di raggiungere gli abitanti di Gaza, “nella convinzione che questo li rivolgerà contro il loro governo di Hamas.” In questo Israele ha potuto beneficiare dell’esplicito o tacito supporto di Egitto, dell’OLP e dell’Occidente. In molti casi, secondo Alpher, questa strategia non è stata solo inefficace, ma anche controproducente:

Questa strategia, invocata prima e durante il cessate il fuoco appena concluso, ha inflitto terribili sofferenze umanitarie a circa un milione e mezzo di abitanti di Gaza senza produrre nessun evidente vantaggio politico, nei termini del’atteggiamento di Hamas di ridurre la violenza promanata da Gaza. Tutto al contrario, si è rivelata controproducente, dal momento che ha fatto sì che la popolazione si sia stretta intorno alla sua leadership, e ha portato Hamas ad incoraggiare un’economia sommersa (…) che ha portato benefici ai suoi membri, privando, in compenso, della loro dignità gli interessi commerciali tradizionali e moderati nell’area.

Proseguire in questo modo, spiega Alpher, significa indebolire ulteriormente l’OLP, con cui Israele negozia su basi più responsabili, e rafforzare il rischio di una soluzione che preveda tre Stati, con Israele che dovrà confrontarsi con Hamas nell’area di Gaza e un piccolo Stato dominato da Fateh nella regione del West Bank.

Nel frattempo, un’altra strategia, appunto quella del cessate il fuoco, ha fallito, almeno per ora. Il primo passo per un nuovo pensiero strategico, conclude Alpher, sarebbe proprio l’ammissione, da parte dei diversi attori interessati, che le diverse strategie fin qui messe in campo sono regolarmente fallite.


Yossi Alpher, No strategy, no change, Jerusalem Post, 23/12/2008

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