Secondo Alpher, la recente conclusione ufficiale dei sei mesi di cessate il fuoco con Hamas nella striscia di Gaza non cambierà molto nelle relazioni tra Israele e Hamas. Naturalmente, molto potrà cambiare per quegli israeliani e Palestinesi che saranno nuovamente esposti a un pericolo fisico imminente. “Ma esattamente come prima e durante il cessate il fuoco, il Paese continuerà a non sapere cosa fare con Hamas.”
Non solo Israele, ma anche l’Egitto, l’OLP, gli Stati Uniti e l’Europa resteranno a un punto fermo, perché “nessuno di questi attori ha una strategia utilizzabile per relazionarsi con Hamas”. Con la differenza, nota l’autore, che mentre Washington e Bruxells possono forse permettersi di perseverare in questo atteggiamento, per Gerusalemme, Il Cario e Ramallah “questa è diventata una lacuna critica e imperdonabile.”
Le strategie fin qui adottate nei confronti di Hamas sono state dunque del tutto inefficaci nel corso degli ultimi tre anni, cioè da quando Hamas, contro ogni pronostico, ha vinto le elezioni legislative in Palestina. La strategia più frequente è stata quella del boicottaggio economico o del blocco. Lo scopo è quello di impedire che tutti i beni, all’infuori di quelli primari strettamente necessari, come il cibo le medicine e i servizi di raggiungere gli abitanti di Gaza, “nella convinzione che questo li rivolgerà contro il loro governo di Hamas.” In questo Israele ha potuto beneficiare dell’esplicito o tacito supporto di Egitto, dell’OLP e dell’Occidente. In molti casi, secondo Alpher, questa strategia non è stata solo inefficace, ma anche controproducente:
Yossi Alpher, No strategy, no change, Jerusalem Post, 23/12/2008
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