
Secondo la senatrice di New York è necessario adottare una linea dura con Hamas finché non riconoscerà Israele, mentre viene invocato un nuovo approccio con Teheran per evitare lo spettro di un Iran nucleare. Gli Stati Uniti di Barack Obama, prosegue la Clinton, possono tornare ad essere leader globali attraverso un mix di “smart power” di diplomazia e di difesa. La politica estera americana deve essere basata su un matrimonio di principi e pragmatismo, non su una rigida ideologia.
Le dichiarazioni della Clinton, sebbene vadano valutate anche alla luce della prudenza in vista della conferma, in realtà mi lasciano un po’ perplesso e credo che autorizzino più di qualche legittimo dubbio sulla possibilità di una svolta reale della politica estera americana. Nel merito del conflitto israelo-palestinese, non basta a invertire la rotta l’affermazione che “Israele ha diritto a difendersi e alla sicurezza, ma sono legittime anche le aspirazioni palestinesi”.
Per dirla tutta, quello che manca alle dichiarazioni della Clinton è anche solo l'ombra di una critica nei confronti dei metodi di Israele. Eppure questa critica, in questo momento, andrebbe formulata senza ambiguità, perché sia lecito parlare davvero di una svolta da parte degli Stati Uniti. La “linea dura” nei confronti di Hamas, infatti, è pienamente comprensibile e condivisibile, ma anche ovvia e attesa. E soprattutto monca, in mancanza di una simmetrica condanna dell’eccidio che Israele sta commettendo e delle aperte violazioni del diritto internazionale.
Nessuno dubita che un’organizzazione terroristica debba essere condannata. Ma è più difficile, soprattutto per gli Stati Uniti, condannare apertamente uno Stato terrorista e alleato come Israele e il motivo di questa difficoltà è evidente: significherebbe fare i conti anche con il proprio passato recente.
Un atteggiamento meno condiscendente nei confronti di Israele non è venuto dall’amministrazione uscente e nessuno se l’aspettava. Non è venuto da Hillary Clinton alle prese con i primi passi verso la conferma a segretario di Stato e anche questo può essere spiegato dalla transizione non ancora ultimata verso la nuova presidenza.
Ma Obama non si potrà esimere. Certamente, afflitto da molti problemi ancor prima di cominciare, si sarebbe augurato tutto fuorché una recrudescenza del conflitto israelo-palestinese. Ma è così che sono andate le cose. Sarebbe da ingenui credere che Obama possa fare tutto quello che vuole, perché naturalmente esistono dei limiti di movimento entri i quali un presidente americano è costretto. Eppure se vorrà davvero marcare la sua discontinuità rispetto a quanto lo ha preceduto, non potrà limitarsi a condannare soltanto Hamas, come ha fatto il futuro segretario di Stato. Dovrà mettere dei limiti anche all’amico Israele.
2 commenti:
Ciao PierPaolo, non so se hai memoria di me. (Non sono Gesù). Sono Flavio, amico del nostro Antonio Bruno (ci siamo visti un paio di volte). Volevo farti i complimenti per il blog. Ci vuole un certo impegno e una certa testardaggine per incaponirsi nella realizzazione di articoli documentati venendo pagato in moneta "spirituale". Ti volevo segnalare, se non l' avessi già riscontrato, il forcing di Paolo Barnard contro Israele su paolobarnard.info, oltre ai molti articoli pubblicati su donchisciotte.org; se gradisci, vienimi a trovare sul mio blog a cui arrivi by clicking my nick. E' un blog più di satira che di informazione, ma il mio materiale di partenza è lo stesso. Per intanto, ti aggiungo al mio blogroll e ai link. Valeas.
Ciao Flavio, certo che mi ricordo di te, come stai? A giudicare dalle cose che scrivi direi che sei in ottima forma ;-) Grazie per la graditissima visita e per i complimenti. Ho ricambiato molto volentieri il link. A presto,
P.P.
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