domenica 26 aprile 2009

Decostruzione del discorso del cavaliere del 25 aprile e del suo torbido revisionismo

(…) E con rispetto dobbiamo ricordare oggi tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata sacrificando in buona fede la propria vita ai propri ideali e ad una causa già perduta.


Basterebbe questo passaggio del discorso pronunciato ieri dal cavaliere a gettare luce su una presenza sempre rimandata, quella alla ricorrenza del 25 aprile. Oggi, invece, i tempi sono maturi e lui lo sa bene. Con una larga vittoria alle elezioni di aprile dell’anno scorso, con il sostegno decisivo dell’estrema destra xenofoba della Lega nella compagine di governo; con il riassorbimento di AN nel PdL e un’opinione pubblica sempre più inerte, non potrebbe esserci momento più propizio per raccogliere i frutti di quell’operazione di basso revisionismo storico, tesa ad equiparare chi sostenne la Resistenza con chi supportò il regime fascista. Un’equiparazione infarcita con i toni solo apparentemente morbidi del torbido, falso pluralismo instaurato con la complicità dei media, in nome del quale i nemici della democrazia vengono equiparati a chi, la democrazia, la difese a costo della vita.


In un discorso dove sono disseminati, ad arte, spunti condivisibili, potrebbe passare inosservata ai più persino un’enormità come la seguente:


Una nazione libera tuttavia non ha bisogno di miti. Come per il Risorgimento, occorre ricordare anche le pagine oscure della guerra civile, anche quelle nelle quali chi combatteva dalla parte giusta ha commesso degli errori, si è assunto delle colpe.


Questa è un sintesi perfetta del catechismo politico berlusconiano e dei suoi apologeti: poiché chi stava dalla parte giusta ha commesso degli errori, si suggerisce per contrasto, e nemmeno troppo implicitamente, che chi stava dalla parte sbagliata non deve aver sbagliato proprio tutto.


Il tutto consumato nello scenario desolato di Onna, per raccogliere in un colpo solo i frutti del peggior revisionismo e il consenso di un’esposizione mediatica costruita su una tragedia.

Parafrasando “Lapide ad ignominia” di Calamandrei, possiamo rispondere al cavaliere: certo, che ricordiamo, ma come ricordiamo lo decidiamo noi.

2 commenti:

francesco ha detto...

(Una nazione libera tuttavia non ha bisogno di miti. Come per il Risorgimento, occorre ricordare anche le pagine oscure della guerra civile, anche quelle nelle quali chi combatteva dalla parte giusta ha commesso degli errori, si è assunto delle colpe.)
Oltre a ciò che scrive lei, qui siamo di fronte a una demistificazione; se non c'è bisogno di miti non c'è bisogno neanche di ricordare chi il mito rappresenta.
Secondo me è in quest'ottica che va letto il messaggio di Berlusconi, mettendo sullo stesso piano i combattenti, si elimina di fatto il mito della resistenza che, inutile ricordarlo, combatte proprio coloro che ora si vorrebbero ricordare come una sorta di eroi perché anch'essi lottarono per la patria.
Si vorrebbe, con la scusante dei delitti perpetrati dalle fazioni partigiane comuniste e senza tener minimamente conto del contesto storico in cui sono avvenute, dare un colpo di spugna al passato inventandosi un mito dove tutti possono trovare posto; a cosa può servire un'azione simile se non a legittimare, non solo il passato ma quanti, ancora oggi, credono nel fascismo.
D'altronde, il cavaliere, sin dall'inizio della sua carriera, ha dato prova di voler impossessarsi dell'Italia.
saluti
francesco

Ribellula ha detto...

Eppure leggo molti commenti compiacenti, e soddisfazione per la promessa di B. di ritirare il ddl che doveva equiparare partigiani e repubblichini. Certo, ma cosa doveva fare? Sarebbe stato troppo, credo semplicemente che qualcuno nella sua coalizione abbia più fretta di lui. Ma l'essenziale di questa operazione di rivisionismo è far passare l'equiparazione non già nella legge, quanto nel senso comune, nel discorso pubblico, nella memoria collettiva. Invocando un malinteso clima di "pacificazione", che in realtà è del tutto strumentale.