Prendo le mosse da una riflessione pubblicata da Gim Cassano su Spazio lib-lab.
I molti attacchi che oggi, da più parti, vengono portati allo Stato di Diritto sono un triste esito di un Paese che per molto tempo ha vissuto, e ancora vive, soprattutto di privilegi. Insopportabili e spesso pochissimo trasparenti sono, per esempio, i molti privilegi di cui, in Italia, gode il Vaticano.
Quella nella quale viviamo non è certamente l’unica epoca in cui la dimensione temporale della Chiesa cattolica ha assunto proporzioni eclatanti e inaccettabili per chiunque creda nella laicità dello Stato come necessità e come valore. Quanto alla sua capacità di incidere sulla vita politica italiana, e persino di dettarne l’agenda, abbiamo avuto una recente, violentissima dimostrazione con il “caso Englaro” Di certo, quella cattolica è oggi l’unica religione che, mentre predica la spiritualità, può contare su un vastissimo patrimonio immobiliare, oltre che su un introito enorme, frutto di un sistema fiscale che, oltre alla quota dell’8 per mille espressamente destinata alla Chiesa, le garantisce anche una larghissima fette delle preferenze inespresse. Davvero non è male, se pensiamo che le massime gerarchie vaticane continuano ad assicurare ai propri fedeli che il denaro non conta e a criticare ferocemente la civiltà dei consumi.
L’atteggiamento della Chiesa e del papa in primo luogo, di fronte a tragedie come quella che ha colpito l’Abruzzo è invariabilmente lo stesso: l’esortazione alla preghiera. Non voglio negare, qui, la prodigalità di molte associazioni confessionali, che in effetti sono sempre pronte a mobilitarsi all’occorrenza; così come non è mia intenzione assimilare il sentire di molti cattolici alle posizioni intransigenti della Cei. Anzi, credo che in molti casi sia vero esattamente il contrario. Ma, appunto, nessun segnale di disponibilità a rinunciare a parte dei propri privilegi è mai provenuto dalla alte gerarchie vaticane.
Ecco perché credo che la riflessione sollecitata da Gim Cassano su Spazio-lib lab sia pienamente condivisibile e la sua proposta meriti di essere diffusa: perché non destinare alle emergenze la quota inespressa dell’8 per mille (che oggi va per lo più a finire nelle casse della Chiesa cattolica)? Una proposta che permetterebbe a chi subisce simili tragedie di vivere di diritti, e non di pubblica elemosina. Chissà cosa ne pensa il Vaticano, di una siffatta proposta. Riporto per intero l’articolo di Gim Cassano, che per altro offre ampi dettagli che chiariscono i meccanismi (nient’affatto trasparenti) dell’8 per mille.
(p.p.c.)
Gim Cassano su Spazio lib-lab
Premessa
Non so quanti italiani siano bene a conoscenza di come funziona il meccanismo del cosiddetto 8 per mille dell’IRPEF. Il contribuente può indicare a chi devolvere la sua quota dell’ 8 per mille dell’IRPEF (allo Stato per opere culturali ed assistenziali, alla chiesa cattolica, ad altre chiese). Quello che non molti sanno è che chi non dà alcuna indicazione vede la sua quota versata ai soggetti ammessi, ed elencati in fondo al modulo di dichiarazione dei redditi, in modo proporzionale alle preferenze che altri (e non lui) hanno espresso. In altre parole, chi non ha indicato alcuna scelta, vede la sua quota devoluta a soggetti per i quali può anche provare la massima repulsione o diffidenza.
Per il 2000, ultimo anno per il quale sono disponibili e pubblici i dati dettagliati (e già questo ritardo è una singolarità tutta italiana), l’intero ammontare dell’ 8 per mille, era pari 897 milioni di euro.
Su questa somma, la quota relativa ai contribuenti che hanno espresso una scelta ammontava a soli 355 milioni di euro, mentre ben 541 milioni circa, rimasti senza indicazione alcuna, sono andati così ripartiti proporzionalmente alle indicazioni espresse: il quadro complessivo della destinazione dell’ 8 per mille è riportato qui sotto (dati in milioni di euro).
Chiesa cattolica 310,1 472,6 782,7
Stato Italiano 36,5 63,6 100,1
Valdesi 4,5 0,0 4, 5
Comunità ebraiche 1,5 2,3 3,8
Altri 2,8 3,1 5,9
TOTALE 355,4 541,6 897,0
E’ avvenuto così che la chiesa cattolica, pur avendo ottenuto indicazioni corrispondenti a circa il 35% del totale, sia riuscita ad accapararsi l’87% dell’ammontare totale dell’ 8 per mille dell’IRPEF.
A tal fine è stata ed è ulteriormente aiutata dalla del tutto inesistente opera di divulgazione e propaganda che lo Stato Italiano ha fatto e fa in favore della propria quota dell’ 8 per mille (della quale, occorre ancora ricordare, il 45% circa viene destinato ad interventi destinati ai beni culturali riferiti al culto cattolico); questa latitanza dello Stato si contrappone alla martellante propaganda, a suon di preti sorridenti e bambini sfamati e curati dagli stessi, che
E’ questo uno dei tanti imbrogli italiani, consumato ai danni di milioni di persone alle quali viene negata una corretta informazione su cosa si fa dei loro quattrini.
Una proposta
Se questo è il quadro della situazione (riferito al 2000; da allora, gli importi in gioco sono sicuramente cresciuti), e con riferimento al dibattito avviatosi a seguito del terremoto in Abruzzo, sorge immediata una considerazione.
Perché la quota inoptata dell’ 8 per mille non viene per intero destinata ad alimentare un fondo permanente destinato alle emergenze per calamità naturali quali terremoti, alluvioni, frane, di cui il nostro Paese vanta, non solo per ineludibili cause naturali, ma anche per dissennate scelte di politica di non-governo del territorio, un poco invidiabile primato? E, per la quota che auspicabilmente non dovesse essere assorbita dalle emergenze, finalizzato ad interventi di ricostruzione, adeguamento, prevenzione del rischio? Questo fondo dovrebbe essere oggetto di una gestione e rendicontazione separata dal Bilancio dello Stato, affidata ad una authority ad hoc. Non penso che possa esservi alcuno che possa in buona fede negare la fondatezza e l’utilità di una simile proposta.
E, qualora si insistesse a perpetuare l’imbroglio ai danni degli italiani sull’attribuzione della quota inoptata, si potrebbe proporre di inserire tra i possibili beneficiari dell’8 per mille un “fondo emergenze”, con l’obbligo, per questo, e per lo Stato Italiano, di pubblicizzare, propagandare e promuovere le proprie attività, esattamente come fa la chiesa cattolica. Credo che molti italiani sarebbero felici di dare questo contributo, e che la quota dell’ 8 per mille rimasta senza opzione vada a ridursi sensibilmente.
Chi ha subito danni e lutti per eventi naturali o per incuria nella gestione del territorio non può e non deve essere oggetto di carità, da qualsiasi parte questa provenga, ma è soggetto del diritto a veder ripristinato almeno il proprio lavoro, il proprio vivere, il proprio ambiente, la propria cultura; in una parola, la propria dignità.
GMC (11-04-2009)
Nessun commento:
Posta un commento