L’articolo di John Hooper su The Guardian, che ho riportato nella mia traduzione, cita, tra le altre cose, l’opinione di Pierluigi Battista, vice direttore del Corriere della Sera, secondo il quale “l’influenza mediatica di Berlusconi è diventato un alibi per la sinistra italiana”. Questa affermazione è condivisibile solo in parte: l’analisi, necessaria, dei molti errori che si sono fatti a sinistra, non deve portare all’estremo di misconoscere alcuni tratti specifici del berlusconismo come fenomeno, primo fra tutti il ruolo svolto dalle televisioni. Ma quale delle due cose è, per dir così, più vera? Verosimilmente, lo sono entrambe.
Lo storico inglese Penny Anderson, in un saggio estratto dal suo libro di prossima uscita, The old-new world e pubblicato su Internazionale di questa settimana, si scaglia contro la "sinistra invertebrata" scrivendo:
“Gli eredi del comunismo italiano hanno permesso al capo di Forza Italia di mantenere e ampliare il suo impero mediatico a dispetto della legge, non hanno fatto nulla per risolvere il conflitto d'interessi, hanno rifiutato di far arrestare il suo braccio destro e hanno cercato più volte di fare, per puro calcolo politico, una riforma elettorale con il suo partito. Alla fine, però, sono rimasti non solo a mani vuote, ma senza idee e perfino senza coscienza.”
Più in generale Anderson ricostruisce, con un’ampia analisi storica, il modo in cui la sinistra italiana ha “dilapidato un’eredità politica straordinaria” lasciando campo aperto al berlusconismo.
I due fenomeni, l’ascesa del berlusconismo e i demeriti altrui, sono evidentemente complementari e il PD è l’ultimo episodio, forse il più drammatico, della resa incondizionata della sinistra.
Ora, una volta che si sia convenuto sull’analisi, il problema, se vogliamo vecchio-nuovo, parafrasando il titolo del libro del succitato Anderson, è che cosa fare. Oggi più che mai, ci sembra difficile dare a questa domanda una risposta diversa da un preciso pronunciamento in favore dell’impegno politico; e di un impegno politico volto in primo luogo a promuovere e salvaguardare i valori fondanti senza i quali non è possibile parlare, in senso pieno, di democrazia. Quei valori trovano, del resto, la loro viva espressione nella nostra Costituzione, alla quale non a caso il cavaliere intende espressamente mettere mano, per riscriverla a proprio tornaconto.
In proposito riporto, trovandomi per altro in piena sintonia, l'intervento di Gim Cassano (Spazio lib-lab) al dibattito di “Sinistra e Libertà” che si è tenuto a Firenze il 27 aprile (e che si può leggere anche qui). (ppc)
SINISTRA E LIBERTA’ - FIRENZE, 27 APRILE 2009 (intervento di Gim Cassano).
COSTITUZIONE COME PROGRAMMA POLITICO E LIBERTA’ D’INFORMAZIONE.
L’altro ieri abbiamo tutti ricordato, in migliaia di iniziative, nelle piazze, nei cortei, in celebrazioni, sui nostri siti e dai nostri blogs, l’anniversario della Liberazione, la festa della Resistenza. Quella Resistenza da cui è nata la Costituzione: una carta antica ed attuale che riesce ancora a farci capire come i processi che portano alla libertà ed alla democrazia non abbiano mai termine, che c’è sempre qualcosa per cui lottare, o contro cui combattere.
La Costituzione fu scritta in un periodo nel quale, vista la precedente esperienza, appariva prioritaria l’esigenza di assicurare il Paese dal risorgere di tentazioni autoritarie: e fu, quindi, data grande importanza allo stabilire un sistema di “balancement of powers” per garantire che nella giovane democrazia nessun potere avesse a predominare, e che potesse operare una serie di meccanismi di controllo che, in definitiva, venivano tutti investiti del loro potere dalla volontà popolare, espressa attraverso quel Parlamento Rappresentativo, che oggi si vuole non rappresentativo e senza poteri.
Ma la capacità innovativa della Costituzione non si è fermata a garantire le forme tecnico-istituzionali del funzionamento di una Democrazia. Essa ha stabilito dei contenuti, dei principii sui quali doveva fondarsi il patto (“covenant” direbbero gli inglesi) sul quale, e verso il quale la nuova Democrazia andava costituendosi.
Oggi, vengono messe in discussione apertamente quelle forme, quasi che i principii possano prescindere dalle forme in cui essi si concretano; ma il clima che si respira nel Paese, i fatti, le dichiarazioni, i provvedimenti legislativi ed amministrativi, i comportamenti quotidiani, pongono in discussione, quando non la lettera, gli stessi principii che sono il fondamento di quel patto, e che trovano espressione in una lunga, serrata, serie di articoli che suonano tutti, oggi, come un programma politico di giustizia, libertà, democrazia e diritti da riaffermare.
Ed oggi, la traduzione in termini, comportamenti, e scelte politiche dei principii del Patto Costituzionale, sarebbe di per sé sufficiente a caratterizzare e qualificare una forza politica di opposizione. Da sinistra.
I diritti di cittadinanza, sono violati da un infame sistema elettorale, da un sistema di partiti che per statuto rifiutano la democrazia interna, da un’Amministrazione centrale e locale tenebrosa ed oscura, da sistemi giudiziario, scolastico, sanitario, che nei fatti discriminano tra chi ha o può e chi non ha o non può.
Il principio di autonomia dell’individuo nella scelta di come vivere, di cosa fare dei propri affetti, della propria mente, del proprio corpo, è calpestato in nome dell’imposizione da parte dello Stato di comportamenti etici.
Il concetto di laicità dello Stato è degradato ad un punto tale che persino l’esecrabile Art.7 appare oggi posto in discussione. Ma violandolo in peggio.
Il principio di una moralità nell’utilizzo dei denari dei contribuen, ti è violato dall’imposizione di costi rivolti a favorire interessi particolari: lo abbiamo visto bene nel caso di Alitalia; speriamo di non esser obbligati a vederlo per la ricostruzione in Abruzzo.
Lo vediamo ancora, su un altro piano, nell’osservare le due truffe, tra loro simili nel principio, della destinazione ella quota inoptata dell’8 per mille, e delle norme sul rimborso elettorale ai partiti: tutti pagheremo, ed i quattrini vanno solo ad alcuni, prescindendo de alle scelte fatte o non fatte.
Oggi siamo qui per parlar di questo; persone di diverse esperienze e di diversa formazione,, ma accomunate dalla convinzione che la libertà stia a sinistra e con chi si oppone a questa destra, e che la sinistra necessiti, per esser tale, della libertà.
Non c’è dubbio sul fatto che il nostro Paese sia indietro, rispetto alle democrazie dell’ Occidente industrializzato, non solo sul piano economico e sociale, come ben sappiamo, ma anche sul piano civile e della tutela dei diritti dell’ individuo e del cittadino.
Non potendo parlar di tutto, vorrei ricordare un aspetto: quello dell’informazione: la libertà di informazione è una precondizione della democrazia.
Giustamente fu detto che essa costituisce il “Quarto Potere”, nel senso che il formarsi di un’opinione pubblica popolare libera e non irreggimentata costituisce, in definitiva, l’ultima istanza dei cittadini contro ogni forma di prevaricazione.
Quindi, la diffusione di un’informazione libera, indipendente, e pluralistica costituisce uno strumento essenziale del funzionamento di ogni dea mocrazia.
Una graduatoria redatta da “Reporter sans Frontières” sulla tutela della libertà d’informazione ci vede dietro tutte le democrazie, e, in Europa, precedere solo le cleptocrazie dell’ ex-Unione Sovietica e, mi sembra, la Serbia.
Ieri sera, guardando il TG di stato che commentava la presa di distanza di Berlusconi dal DDL che intendeva equiparare partigiani e repubblichini, si sono visti Berlusconi, ovviamente; e Capezzone, Cicchitto, Bondi, Bocchino, Storace, Lombardo. E poi, Franceschini e Donadi. Basta: nessuno che parlasse a nome di quell’altro pezzo di Italia che oggi non ha rappresentanza parlamentare.
Eppure, penso che questo pezzo d’Italia, su questa vicenda abbia qualcosa da dire, e che la dica.
La mancanza di un’informazione libera, ed il suo asservimento ad interessi etero diretti, politici o finanziari che siano, fa sì che il nostro sistema dell’informazione e della comunicazione di massa sia il più conformista e noioso dell’Occidente; non solo. Ma soprattutto, e qui mi riferisco in modo particolare al sistema televisivo, esso ha concorso in modo essenziale alla diffusione di quella cultura di massa acritica, conformista, falsamente pietistica, codina, che è uno dei tratti costitutivi della vittoria culturale della destra in questo Paese.
Tra le battaglie di libertà che la sinistra deve intraprendere quella riguardante la libertà d’informazione è una delle prime. Troppo spesso, questa è stata intesa come partecipazione alla lottizzazione televisiva. Si tratta invece di concorrere a creare, con tutti i pochi strumenti ancora a disposizione, con i residui spazi informativi rimasti, con la rete, con un sistema di samizdat informatici, un forte movimento di opinione pubblica che faccia capire come la carenza di pluralismo informativo sia uno dei tratti costitutivi di un regime.
Occorre così, anche qui, resistere, contrapporre nuovi modelli culturali e politici, da costruire insieme, lanciare campagne di opinione, smascherare l’inganno perpetrato ai danni dei cittadini, apertamente e dichiaratamente dalla destra, e, subdolamente, dal PD.
Lo storico inglese Penny Anderson, in un saggio estratto dal suo libro di prossima uscita, The old-new world e pubblicato su Internazionale di questa settimana, si scaglia contro la "sinistra invertebrata" scrivendo:
“Gli eredi del comunismo italiano hanno permesso al capo di Forza Italia di mantenere e ampliare il suo impero mediatico a dispetto della legge, non hanno fatto nulla per risolvere il conflitto d'interessi, hanno rifiutato di far arrestare il suo braccio destro e hanno cercato più volte di fare, per puro calcolo politico, una riforma elettorale con il suo partito. Alla fine, però, sono rimasti non solo a mani vuote, ma senza idee e perfino senza coscienza.”
Più in generale Anderson ricostruisce, con un’ampia analisi storica, il modo in cui la sinistra italiana ha “dilapidato un’eredità politica straordinaria” lasciando campo aperto al berlusconismo.
I due fenomeni, l’ascesa del berlusconismo e i demeriti altrui, sono evidentemente complementari e il PD è l’ultimo episodio, forse il più drammatico, della resa incondizionata della sinistra.
Ora, una volta che si sia convenuto sull’analisi, il problema, se vogliamo vecchio-nuovo, parafrasando il titolo del libro del succitato Anderson, è che cosa fare. Oggi più che mai, ci sembra difficile dare a questa domanda una risposta diversa da un preciso pronunciamento in favore dell’impegno politico; e di un impegno politico volto in primo luogo a promuovere e salvaguardare i valori fondanti senza i quali non è possibile parlare, in senso pieno, di democrazia. Quei valori trovano, del resto, la loro viva espressione nella nostra Costituzione, alla quale non a caso il cavaliere intende espressamente mettere mano, per riscriverla a proprio tornaconto.
In proposito riporto, trovandomi per altro in piena sintonia, l'intervento di Gim Cassano (Spazio lib-lab) al dibattito di “Sinistra e Libertà” che si è tenuto a Firenze il 27 aprile (e che si può leggere anche qui). (ppc)
SINISTRA E LIBERTA’ - FIRENZE, 27 APRILE 2009 (intervento di Gim Cassano).
COSTITUZIONE COME PROGRAMMA POLITICO E LIBERTA’ D’INFORMAZIONE.
L’altro ieri abbiamo tutti ricordato, in migliaia di iniziative, nelle piazze, nei cortei, in celebrazioni, sui nostri siti e dai nostri blogs, l’anniversario della Liberazione, la festa della Resistenza. Quella Resistenza da cui è nata la Costituzione: una carta antica ed attuale che riesce ancora a farci capire come i processi che portano alla libertà ed alla democrazia non abbiano mai termine, che c’è sempre qualcosa per cui lottare, o contro cui combattere.
La Costituzione fu scritta in un periodo nel quale, vista la precedente esperienza, appariva prioritaria l’esigenza di assicurare il Paese dal risorgere di tentazioni autoritarie: e fu, quindi, data grande importanza allo stabilire un sistema di “balancement of powers” per garantire che nella giovane democrazia nessun potere avesse a predominare, e che potesse operare una serie di meccanismi di controllo che, in definitiva, venivano tutti investiti del loro potere dalla volontà popolare, espressa attraverso quel Parlamento Rappresentativo, che oggi si vuole non rappresentativo e senza poteri.
Ma la capacità innovativa della Costituzione non si è fermata a garantire le forme tecnico-istituzionali del funzionamento di una Democrazia. Essa ha stabilito dei contenuti, dei principii sui quali doveva fondarsi il patto (“covenant” direbbero gli inglesi) sul quale, e verso il quale la nuova Democrazia andava costituendosi.
Oggi, vengono messe in discussione apertamente quelle forme, quasi che i principii possano prescindere dalle forme in cui essi si concretano; ma il clima che si respira nel Paese, i fatti, le dichiarazioni, i provvedimenti legislativi ed amministrativi, i comportamenti quotidiani, pongono in discussione, quando non la lettera, gli stessi principii che sono il fondamento di quel patto, e che trovano espressione in una lunga, serrata, serie di articoli che suonano tutti, oggi, come un programma politico di giustizia, libertà, democrazia e diritti da riaffermare.
Ed oggi, la traduzione in termini, comportamenti, e scelte politiche dei principii del Patto Costituzionale, sarebbe di per sé sufficiente a caratterizzare e qualificare una forza politica di opposizione. Da sinistra.
I diritti di cittadinanza, sono violati da un infame sistema elettorale, da un sistema di partiti che per statuto rifiutano la democrazia interna, da un’Amministrazione centrale e locale tenebrosa ed oscura, da sistemi giudiziario, scolastico, sanitario, che nei fatti discriminano tra chi ha o può e chi non ha o non può.
Il principio di autonomia dell’individuo nella scelta di come vivere, di cosa fare dei propri affetti, della propria mente, del proprio corpo, è calpestato in nome dell’imposizione da parte dello Stato di comportamenti etici.
Il concetto di laicità dello Stato è degradato ad un punto tale che persino l’esecrabile Art.7 appare oggi posto in discussione. Ma violandolo in peggio.
Il principio di una moralità nell’utilizzo dei denari dei contribuen, ti è violato dall’imposizione di costi rivolti a favorire interessi particolari: lo abbiamo visto bene nel caso di Alitalia; speriamo di non esser obbligati a vederlo per la ricostruzione in Abruzzo.
Lo vediamo ancora, su un altro piano, nell’osservare le due truffe, tra loro simili nel principio, della destinazione ella quota inoptata dell’8 per mille, e delle norme sul rimborso elettorale ai partiti: tutti pagheremo, ed i quattrini vanno solo ad alcuni, prescindendo de alle scelte fatte o non fatte.
Oggi siamo qui per parlar di questo; persone di diverse esperienze e di diversa formazione,, ma accomunate dalla convinzione che la libertà stia a sinistra e con chi si oppone a questa destra, e che la sinistra necessiti, per esser tale, della libertà.
Non c’è dubbio sul fatto che il nostro Paese sia indietro, rispetto alle democrazie dell’ Occidente industrializzato, non solo sul piano economico e sociale, come ben sappiamo, ma anche sul piano civile e della tutela dei diritti dell’ individuo e del cittadino.
Non potendo parlar di tutto, vorrei ricordare un aspetto: quello dell’informazione: la libertà di informazione è una precondizione della democrazia.
Giustamente fu detto che essa costituisce il “Quarto Potere”, nel senso che il formarsi di un’opinione pubblica popolare libera e non irreggimentata costituisce, in definitiva, l’ultima istanza dei cittadini contro ogni forma di prevaricazione.
Quindi, la diffusione di un’informazione libera, indipendente, e pluralistica costituisce uno strumento essenziale del funzionamento di ogni dea mocrazia.
Una graduatoria redatta da “Reporter sans Frontières” sulla tutela della libertà d’informazione ci vede dietro tutte le democrazie, e, in Europa, precedere solo le cleptocrazie dell’ ex-Unione Sovietica e, mi sembra, la Serbia.
Ieri sera, guardando il TG di stato che commentava la presa di distanza di Berlusconi dal DDL che intendeva equiparare partigiani e repubblichini, si sono visti Berlusconi, ovviamente; e Capezzone, Cicchitto, Bondi, Bocchino, Storace, Lombardo. E poi, Franceschini e Donadi. Basta: nessuno che parlasse a nome di quell’altro pezzo di Italia che oggi non ha rappresentanza parlamentare.
Eppure, penso che questo pezzo d’Italia, su questa vicenda abbia qualcosa da dire, e che la dica.
La mancanza di un’informazione libera, ed il suo asservimento ad interessi etero diretti, politici o finanziari che siano, fa sì che il nostro sistema dell’informazione e della comunicazione di massa sia il più conformista e noioso dell’Occidente; non solo. Ma soprattutto, e qui mi riferisco in modo particolare al sistema televisivo, esso ha concorso in modo essenziale alla diffusione di quella cultura di massa acritica, conformista, falsamente pietistica, codina, che è uno dei tratti costitutivi della vittoria culturale della destra in questo Paese.
Tra le battaglie di libertà che la sinistra deve intraprendere quella riguardante la libertà d’informazione è una delle prime. Troppo spesso, questa è stata intesa come partecipazione alla lottizzazione televisiva. Si tratta invece di concorrere a creare, con tutti i pochi strumenti ancora a disposizione, con i residui spazi informativi rimasti, con la rete, con un sistema di samizdat informatici, un forte movimento di opinione pubblica che faccia capire come la carenza di pluralismo informativo sia uno dei tratti costitutivi di un regime.
Occorre così, anche qui, resistere, contrapporre nuovi modelli culturali e politici, da costruire insieme, lanciare campagne di opinione, smascherare l’inganno perpetrato ai danni dei cittadini, apertamente e dichiaratamente dalla destra, e, subdolamente, dal PD.
Gim Cassano, 27-04-2009
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