lunedì 8 giugno 2009

Elezioni europee: crescono le destre e l’euroscetticismo


Due i dati principali che sono emersi dalle urne: l’astensionismo, che ha raggiunto il 56,4%, peggiorando il risultato del 2004, quando toccò il 54,7%; a testimoniare una forte disaffezione verso le istituzioni europee; e la tenuta o la crescita dei partiti di destra. I partiti conservatori hanno guadagnato o non hanno sostanzialmente perso sia nei Paesi in cui sono al governo, come la Francia, la Germania e l’Italia (anche se qui il "plebiscito" tanto sbandierato dal cavaliere alla vigilia non c'è stato), sia in quei Paesi dove sono all’opposizione, come la Spagna di Zapatero, che ha scontato la crisi. I partiti socialisti, che al Parlamento europeo rappresentano il secondo gruppo per numero di deputati dopo il Partito Popolare europeo, perdono ovunque, con il tonfo più clamoroso, ampiamente previsto, che ha visto i laburisti di Gordon Brown raccogliere appena il 17% dei consensi, contro il 27% dei Tories.


Molto ha influito, sul tracollo del premier britannico, lo scandalo delle note spese gonfiate, che ha suscitato l’indignazione di un’opinione pubblica attenta come quella inglese. Per effetto di questi risultati, il gruppo Socialista Europeo dovrebbe perdere almeno una cinquantina di deputati. La disfatta dei partiti socialisti è solo in parte compensata dalla crescita dei Verdi, specialmente in Francia e Germania.

Ma le elezioni non hanno consacrato soltanto i partiti della destra moderata: anche le formazioni dell’estrema destra xenofoba ed antieuropeista hanno guadagnato consensi, specialmente in Olanda, Gran Bretagna, Austria, Ungheria e persino in Finlandia. E, naturalmente, in Italia, con la Lega Nord oltre il 10%. In crescita, pertanto, anche l’euroscetticismo, dopo il “no” al referendum irlandese che aveva bloccato la ratifica del trattato di Lisbona.

I risultati delle recenti elezioni europee, dunque, letti a livello globale, hanno sancito un apprezzabile spostamento a destra dell’elettorato europeo, una tendenza in realtà non nuova, che ha segnato almeno l’ultimo lustro della storia comunitaria. Una componente importante di questo voto è segnata dal sentimento anti-immigrazione: una larga parte dell’elettorato europeo si percepisce come bisognosa di sicurezza e identifica il pericolo nello straniero. L’Europa si arrocca nella sua identità, un’identità chiusa; la paura è stata cavalcata dalle politiche nazionali, per trovare nelle elezioni appena concluse una sanzione più generale.

Che le cose stiano così, lo mostra l’incremento di partiti di estrema destra che coniugano connotazioni xenofobe con sentimenti apertamente antieuropeisti.

Ma dove va questa Europa? L’idea alla base del riscontro elettorale di questi partiti è che dare diritti agli immigrati significhi toglierli ai cittadini europei. Come se i diritti fossero una torta che non può essere ripartita che in modo ineguale, una prerogativa che compete semmai ai privilegi.

Le cose non stanno così. Una società aperta e plurale è tale quando riconosce a tutti i medesimi diritti e a tutti impone gli stessi doveri. Non c’è conflitto nel riconoscere i fondamentali diritti naturali. La storia insegna che sempre e ovunque la negazione dei fondamentali diritti ad alcuni è stato il primo passo per la negazione dei fondamentali diritti di tutti.

Il vento di destra continua a spirare con forza, ma la socialdemocrazia si deve interrogare sulla sua incapacità di dare risposte efficaci alla crisi e ai grandi cambiamenti sociali.

1 commento:

Sberleffo ha detto...

La destra xenofoba sta tornando in Europa!
Che tristezza! L'Europa non impara dalgi errori del passato!
un articolo satirico sull'argomento

http://fratellisberleffi.blogspot.com/2009/06/elezioni-leuropa-alle-destre.html