giovedì 11 giugno 2009

Il cavaliere e il colonnello

Quella che il colonnello Gheddafi sta tributando al cavaliere in questi giorni è essenzialmente una visita d’affari. Certo, c’è l’annosa questione dei trascorsi colonialisti, ma è chiaro che i due personaggi hanno oggi ottime ragioni per intendersi. È noto infatti che i punti fondamentali del sodalizio che lega il governo italiano a quello libico sono fondamentalmente due.

Il primo è l’aspetto economico: la Libia ha ottenuto dall’Italia, pochi mesi fa, circa 5 miliardi di euro. Formalmente a titolo di riparazione per il passato colonialista, in realtà la somma di denaro dovrebbe garantire all’Italia maggiori forniture di petrolio e una canale privilegiato per le aziende italiane che investano in Libia.

Il secondo aspetto è la collaborazione del leader libico sulla questione dell’immigrazione. Dopo la “svolta” impressa di recente dal governo italiano i termini della collaborazione, più o meno ufficiali, sono quanto mai chiari: la Libia, dalla quale nessuno si aspetta che si comporti in modo democratico, si incarica di fare quello che il governo italiano farebbe molto volentieri, ma tutto sommato non può. In poche parole i migranti ai quali non è più permesso di toccare le coste italiane – il che, giova ripeterlo, sarebbe necessario per accertare se abbiano i requisiti per vedersi riconosciuto lo status di richiedenti asilo - vengono rispediti in Libia, dove vengono generosamente “accolti” nei campi di concentramento di quel Paese.

Alcune sortite, a dir poco esuberanti e colorite, del leader libico, mettono in difficoltà il governo italiano, che in effetti qualche imbarazzo a giustificare le sue frequentazioni agli occhi della comunità internazionale deve pur provarlo (per lo meno nella persona di quegli esponenti, per la verità non molti, ancora sospettabili di un minimo di senso del decoro); ma di sicuro questa maggioranza, la cui credibilità internazionale è del resto in caduta libera, farà il possibile per ingoiare bocconi molto amari, avendo in mente obiettivi molto “pratici”: in sintesi, considerando da vicino l’essenza concreta e i retroscena degli accordi, vite umane in cambio di petrolio.

Accomunati da affari poco trasparenti e ben poco rispettosi dei diritti umani, il cavaliere e il colonnello sembrano condividere anche un certo stile di governo, un modo di gestire la propria immagine: entrambi, a quanto pare, amano costruirsi intorno il proprio harem; entrambi sono soliti curarsi poco o nulla dell’opinione pubblica. Gheddafi è il leader di un Paese dal quale nessuno si aspetta che sia democratico e dunque dell’opinione pubblica il colonnello si occupa nel modo in cui se ne occupano i dittatori. Sarebbe invece richiesto al cavaliere, che però, come sappiamo, gareggia con Gheddafi nello sprezzo con cui rifiuta di fornire qualsiasi tipo di spiegazione sulla propria intollerabile condotta.

L’ultima riprova di questo atteggiamento l’abbiamo avuta oggi, quando Papi ha ritenuto di poter ironizzare, parlando davanti alla platea di Confartigianato, sul fatto che stava organizzando il matrimonio di Noemi “con un certo avvocato inglese”, naturalmente, ha aggiunto, facendoli viaggiare gratuitamente sugli aerei di Stato.

Non c’è che dire, se il cavaliere e il colonnello si scambiassero i ruoli per un giorno, i rispettivi Paesi probabilmente non noterebbero la differenza.

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