Il ddl Alfano sulle intercettazioni, varato giovedì alla Camera, mira a conseguire due risultati. Il primo è quello di mettere al sicuro la casta dalle indagini, limitando fortemente l’uso delle intercettazioni da parte della magistratura. Naturalmente per giustificare questo provvedimento si è agitato lo spettro della sicurezza e sono state chiamate in causa le pretese ragioni della privacy, ma il provvedimento tutela solo i criminali.
Non tutela certamente chi non ha nulla da nascondere e non tutela i cittadini, tanto per cominciare perché garantisce l’impunità ai plurindagati che siedono in Parlamento e che ora esportiamo in misura crescente anche in Europa. Ad essere violato è dunque il primo, fondamentale diritto dei cittadini, quello di essere rappresentati da politici la cui condotta non sia o non appaia in conflitto con la gestione della cosa pubblica; e inoltre il diritto, strettamente connesso, di essere informati.
La casta, dunque, diviene sempre più intoccabile; non è un caso che il ddl sulle intercettazioni si occupi anche della Rete: l’attacco frontale all’autonomia e separazione dei tre poteri progredisce speditamente, resta da occuparsi del quarto. Con un controllo già capillare su televisione e stampa, le preoccupazioni di questa maggioranza di governo si rivolgono naturalmente a Internet, che appare sempre più come l’ultimo baluardo della libertà d’espressione e a cui si vuole mettere il bavaglio.
L'articolo 15, in particolare, surrettiziamente introduce per i blog amatoriali le stesse responsabilità, compreso eventuale obbligo di rettifica, che competono alle testate giornalistiche.
Riporto di seguito un articolo apparso su
ROMA - "Un siluro alla sicurezza di tutti i cittadini e l'impunità per fior di delinquenti". Non ha dubbi il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli: il ddl Alfano sulle intercettazioni varato ieri alla Camera, produrrà effetti "devastanti", dice a micromega.net. Caselli non esita a puntare il dito contro un governo che "strilla sicurezza! sicurezza! sicurezza! ma che così produce insicurezza".
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"Nominiamo ministro degli Interni o della Giustizia Penelope, quella che di giorno tesseva e la notte disfaceva - aggiunge il magistrato - perché in tema di sicurezza la maggioranza si sta comportando proprio così. Da un lato tolleranza zero, esercito, flotta, ronde e dall'altra il vero baluardo protettivo della sicurezza dei cittadini, le intercettazioni, picconate e ridotte in macerie, con conseguenze che saranno devastanti per quanto riguarda la tutela della sicurezza di tutti".
La protesta al Csm. Si allarga intanto la protesta al Csm contro le accuse del ministro della Giustizia che due giorni fa in un'intervista al Tg2 ha parlato di una 'lottizzazione sistematica' nella scelta dei capi degli uffici giudiziari. Dopo le dimissioni dei tre consiglieri dalla commissione che si occupa degli incarichi direttivi, arriva oggi una nuova dimissione per protesta, sempre nella stessa commissione. Il consigliere Ciro Riviezzo (togato del Movimento per la giustizia), ha fatto sapere che non parteciperà ai lavori della commissione finché "non sarà ricostituita nella sua attuale composizione" e "non sarà ripristinato il necessario clima di fiducia e credibilità nel suo operato, senza il quale non è possibile attendere ai delicati compiti che le sono attribuiti".
Quelle di Alfano, insiste Riviezzo, "sono dichiarazioni inaccettabili, per il contenuto, per il tono, per la carica istituzionale di colui che le ha pronunciate. Sono false, perché tali accordi programmatici non sono mai stati presi népraticati. Sono ingenerose nei confronti dello sforzo che sta compiendo il consiglio, soprattutto negli ultimi due anni, di attuare lealmente la riforma dell'ordinamento giudiziario".
La protesta di Google. Intanto la questione approda anche sul blog ufficiale di Google. "Un blogger amatoriale viene equiparato come responsabilità al direttore responsabile di un qualsiasi quotidiano nazionale", avverte Marco Pancini, responsabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia. Pancini sottolinea con preoccupazione che dietro all'espressione "siti informatici", usato nel provvedimento, sembra profilarsi un vero e proprio giro di vite per "tutti coloro che producono contenuti". Dunque nessuna distinzione tra la testate giornalistiche online, i blogger amatoriali, i motori di ricerca e le piattaforme di contenuti creati dagli utenti come YouTube ed i social network come Facebook.
"Ai gestori di siti, pagine web e blog amatoriali non dovrebbero essere richiesti adempimenti propri dei mezzi di informazione professionali e quindi sproporzionati rispetto ad attività di tipo amatoriale o comunque non lucrative", afferma il portavoce di Google Italia.
Pancini ricorda inoltre che "qualche settimana fa la commissione Trasporti e Comunicazioni della Camera aveva approvato un ordine del giorno sul disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche e telematiche in cui si sottolineavano chiaramente le criticità legate al riferimento generico ai "siti informatici" e si suggeriva che l'obbligo di rettifica riguardasse solamente i giornali e periodici diffusi per via telematica e soggetti all'obbligo di registrazione, escludendone quindi i gestori di siti amatoriali (lo stesso Sottosegretario Romani ha data il proprio consenso a questo approccio). Purtroppo nel testo presentato ieri alla Camera e su cui è stata posta la fiducia non stati integrati questi suggerimenti".
Insomma, conclude Pancini, "la strada che porta all'affermazione della specificità della Rete e dei diritti dei navigatori è ancora molto lunga".
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