venerdì 19 giugno 2009

Per il Giornale una condanna più una prescrizione fanno un'assoluzione se si parla del padrone. E altro ancora

Volete qualche (ennesimo) esempio dello stato di salute (e cioè di indipendenza e obiettività) dell’informazione in Italia? La corrispondenza che riporto di seguito è tratta dalla newsletter della neonata Società Pannunzio per la libertà d'informazione che, coerentemente con il suo programma e il suo statuto, ha inviato alcune lettere ai direttori di alcuni quotidiani italiani, invitandoli a “non stravolgere i fatti” Riporto di seguito le lettere con le risposte dei quotidiani (ove pervenute)

01 – IL CASO ANDREOTTI
SOCIETÀ PANNUNZIO – LA STAMPA
Roma
28 maggio 2009
Egregio Direttore, il suo editorialista Carlo Federico Grosso in un articolo su “La Stampa”, 21 maggio 2009, intitolato “L’arbitro non va mai fischiato”, comincia il suo pezzo con “Andreotti è stato, in passato, ingiustamente accusato di attività mafiosa ecc”. Sappiamo tutti che le opinioni sono sacre, ma altrettanto sacri sono i fatti. E Grosso, che è un illustre giurista, sa sicuramente che nel 1984 la Corte di Cassazione emise una famosa sentenza in cui affermava che “la verità dei fatti, cui il giornalista ha il preciso dovere di attenersi, non è rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato. La verità non è più tale se è “mezza verità” (o comunque, verità incompleta): quest’ultima, anzi, è più pericolosa della esposizione di singoli fatti falsi per la più chiara assunzione di responsabilità (e, correlativamente, per la più facile possibilità di difesa) che comporta, rispettivamente, riferire o sentire riferito a sé un fatto preciso falso, piuttosto che un fatto vero sì, ma incompleto. La verità incompleta (nel senso qui specificato) deve essere, pertanto, in tutto equiparata alla notizia falsa”. Fin qui la Cassazione. Quindi Grosso ha scritto il falso quando ha omesso che la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che mandava assolto l’on. Giulio Andreotti con la motivazione che dopo il 1980 non erano a sufficienza provati (c.2 art. 530) i rapporti tra l’imputato e i capimafia corleonesi Rijna e Provenzano, aggiungeva che al contrario era provato, ma caduto in prescrizione per soli quattro mesi, il reato di «vera e propria partecipazione alla associazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi nel tempo», almeno fino alla primavera del 1980. L’anno dopo, la Corte di Cassazione confermava la sentenza di appello, ribadendo: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione».
Sarebbe onesto che i vostri lettori conoscessero i fatti non stravolti, soprattutto in un editoriale di apertura della prima pagina. Cordiali saluti

02 – IL CASO BERLUSCONI
SOCIETÀ PANNUNZIO – IL GIORNALE
Roma 28 maggio 2009
Egregio Direttore, in un suo articolo sul “Giornale”, 21 maggio 2009, intitolato “Un procedimento ridicolo, senza uno straccio di prova”, Filippo Facci ha scritto tra l’altro: “Peccato per due dettagli. Il primo è che la «reticenza» di Mills contribuì alla condanna in primo grado di Silvio Berlusconi nel processo All Iberian, successivamente assolto [corsivo nostro] ma non grazie a Mills”. Sappiamo tutti che le opinioni sono sacre, ma altrettanto sacri sono i fatti. E tutti sanno che è un fatto che Berlusconi nel caso All Iberian non fu assolto. Nelle stesse conclusioni (5.3) della sentenza Mills è riportato come un dato indiscutibile che nel caso All Iberian “i fatti relativi all’illecito finanziamento a Bettino Craxi da parte di Fininvest tramite All Iberian sono definitivamente provati, visto che la sentenza di primo grado, di condanna dei vertici della società e fra essi di Silvio Berlusconi, non è stata riformata nel merito, ma per intervenuta prescrizione”. Per Facci una condanna più una prescrizione equivalgono ad una assoluzione. Forse sarebbe onesto che i vostri lettori conoscessero i fatti non stravolti. Cordiali saluti

IL GIORNALE - SOCIETÀ PANNUNZIO
Egregio signore, ci sono due sentenze All Iberian. In una Berlusconi andò in prescrizione, in una fu assolto. Ho precisato ciò che non avevo ben precisato nell’articolo, lo ammetto, in un’intervista radiofonica e in un intervento televisivo. Ammetterà che sono faccende complicate.
Ciò che forse non le è chiaro, è che la sua precisazione porta acqua al mio discorso: Berlusconi, dunque, in Cassazione fu prescritto dopo che su testimonianza di Mills era stato condannato in primo grado: benissimo. Chissà se non fosse stato reticente.
Per quanto concerne la differenza tra prescritto è assolto, comprendo la differenza di merito ma non di status: trattasi in entrambi i casi di non colpevoli e non censurati. Filippo Facci

SOCIETÀ PANNUNZIO – IL GIORNALE
Caro Facci, la ringrazio per la risposta, ma credo che più che noi della Società Pannunzio meritino di leggere la sua replica nonché la nostra precisazione i lettori del Giornale, quelli stessi a cui è stata fornita una notizia a dir poco imprecisa. Forse non lo sa perché la nostra Società è recente, ma una delle nostre finalità è appunto quella di difendere i diritti dei lettori. Senza pregiudiziali né politiche né ideologiche. Per il resto, ammetto che sono cose complicate, ma noi giornalisti che ci stiamo a fare? E' nostro compito cercare di capirci qualche cosa e spiegare proprio il merito senza nascondersi dietro il formalismo, che in questo caso non basta neppure. Cordiali saluti

IL GIORNALE - SOCIETÀ PANNUNZIO
Ho inviato (avevo già inviato) la risposta che le ho dato in copia al Direttore, come faccio in questi casi. Ogni valutazione starà a lui. Filippo Facci

03 – CASO BARROSO/STAMPA-CORRIERE DELLA SERA
SOCIETA’ PANNUNZIO – ORDINE DEI GIORNALISTI ROMA
Roma 9 giugno 2009
Caro Presidente, sabato 23 maggio “la Stampa”, nella rubrica delle lettere ha diffuso una protesta [qui allegata] firmata da Pier Virgilio Dastoli, Direttore della rappresentanza in Italia della Commissione europea, in cui si denunciavano alcuni fatti: due giorni prima il giornale aveva pubblicato un articolo [qui allegato], a firma Antonella Rampino dal titolo (virgolettato) “Gli italiani in Europa lavorano troppo poco”, in cui si riportavano virgolettate molte espressioni del presidente della Commissione europea Barroso. Secondo Dastoli, “Contrariamente agli accordi con tutti i giornalisti presenti, ribaditi dallo stesso Presidente Barroso e dal capo ufficio stampa della Rappresentanza, e contraddicendo lo spirito dell’iniziativa, la vostra giornalista ha deciso comunque di scrivere un articolo, pubblicato giovedì. Così facendo, ha tradito non solo la fiducia del presidente ma anche quella dei suoi colleghi giornalisti”. Nella replica Antonella Rampino non ha contestato la verità di queste affermazioni, né quindi l’accordo (off the record).
Noi della Società Pannunzio abbiamo a cuore il diritto di cronaca, che riteniamo giusto anteporre anche ad altri diritti concorrenti, e siamo favorevoli che per far valere questo diritto ci si possa pure avvalere di metodi originali e spregiudicati, tipici del giornalismo investigativo. Ma certamente non è questo il caso. Qui si tratta soltanto della violazione di un accordo con le fonti, il non rispetto della volontà della fonte e la violazione del codice deontologico per slealtà nei confronti dei colleghi. Medesimo atteggiamento scorretto è stato tenuto dal Corriere della Sera, con un articolo sullo stesso argomento di Gianna Fragonara. Il Corsera ha pubblicato la protesta di Dastoli in una versione più breve e non ha replicato.
Per questi motivi la Società Pannunzio in nome della correttezza dell’informazione, con la presente che ha valore di esposto, chiede all’Ordine dei giornalisti di Roma per entrambe le giornaliste l’apertura di un procedimento disciplinare.

SOCIETÀ PANNUNZIO – LA STAMPA
Egregio
Direttore, sabato 23 maggio “la Stampa”, nella rubrica delle lettere ha diffuso una protesta firmata da Pier Virgilio Dastoli, Direttore della rappresentanza in Italia della Commissione europea, in cui si denunciavano alcuni fatti: due giorni prima il suo giornale aveva pubblicato un articolo, a firma Antonella Rampino dal titolo (virgolettato) “Gli italiani in Europa lavorano troppo poco”, in cui si riportavano virgolettate molte espressioni del presidente della Commissione europea Barroso. Secondo Dastoli, “Contrariamente agli accordi con tutti i giornalisti presenti, ribaditi dallo stesso Presidente Barroso e dal capo ufficio stampa della Rappresentanza, e contraddicendo lo spirito dell’iniziativa, la vostra giornalista ha deciso comunque di scrivere un articolo, pubblicato giovedì. Così facendo, ha tradito non solo la fiducia del presidente ma anche quella dei suoi colleghi giornalisti”. Nella replica Antonella Rampino non ha contestato la verità di queste affermazioni e quindi l’accordo (off the record). Noi della Società Pannunzio abbiamo a cuore il diritto di cronaca, che riteniamo giusto anteporre anche ad altri diritti concorrenti, e siamo favorevoli che per far valere questo diritto ci si possa pure avvalere di metodi originali e spregiudicati, tipici del giornalismo investigativo. Ma certamente non è questo il caso. Qui si tratta soltanto della violazione di un accordo con le fonti, il non rispetto della volontà della fonte e la violazione del codice deontologico per slealtà nei confronti dei colleghi. Medesimo atteggiamento è stato tenuto dal Corriere della Sera. Per questo motivo la Società Pannunzio ha inviato un esposto all’Ordine dei giornalisti di Roma, chiedendo i provvedimenti del caso.
Sarebbe onesto che i vostri lettori conoscessero questi fatti e la nostra decisione.

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