Cassano in Nazionale, con Sinistra e Libertà
intervista a Gim Cassano di Giulio Sardi, per “linkontro”
Finalmente Cassano in nazionale. Anche se non vestirà la maglia azzurra. Perché in effetti non si tratta del genietto di Bari vecchia, ma di Gim Cassano, eletto nel coordinamento nazionale di Sinistra e Libertà dall’assemblea che domenica scorsa si è riunita a Bagnoli. Quando Nichi Vendola ha letto il documento finale dell’assise, e con esso i diciotto nomi che guideranno il partito in questa fase, tra i duemila presenti nella Sala Newton della Città delle Scienze è risuonata questa domanda: “Ma chi è questo Gim Cassano?”. Abbiamo pensato che il modo migliore per rispondere al quesito, fosse chiederlo direttamente a lui.
Allora, chi è Gim Cassano e che cosa ha fatto fino ad oggi?
Non sono un ragazzino, ho 63 anni. Non sono un politico di professione, ma un ingegnere che si è sempre interessato di cultura e di politica. Ho fatto le mie esperienze professionali a Milano e ora vivo in Sicilia.
In Sinistra e Libertà sei in quota socialista, ma non fai parte di quel partito.
Rappresento Alleanza Lib-Lab, che è un’associazione che raggruppa liberali “di sinistra”, liberalsocialisti, democratici, molto vicina al liberalismo di sinistra espresso da Critica Liberale. E’ evidente che le ragioni del liberalismo e quelle del socialismo non siano tra loro estranee e conflittuali. Sono stato iscritto al PSI per pochissimo tempo, tanti anni fa, in una sezione di Milano. Una volta votammo un documento, che fu approvato all’unanimità nonostante io avessi votato contro. A Cornelio Brandini, storico segretario personale di Craxi nonché segretario di quella sezione, dissi “Qui non tira aria per me” e me ne andai.
Craxi aveva inventato il partito carismatico molto prima di altri.
E’ stato senza dubbio l’iniziatore, ma oggi questo rischio lo vedo anche in Sinistra e Libertà, chiunque sia il leader. E’ chiaro che Nichi Vendola è sicuramente la personalità che gode del maggior consenso, ma bisogna evitare che nasca l’ennesimo partito-persona.
Quali sono i tuoi padri politici?
In realtà la mia storia politica inizia prima del 68, nel Partito Liberale ai tempi della segreteria di Malagodi. Nel partito ero all’opposizione, nella corrente che faceva capo ad Enzo Marzo, che seguii quando pochi anni dopo uscì dal partito. Sono poi rientrato, per poco tempo, quando Valerio Zanone è diventato segretario. Poi dieci anni di assenza dalla politica attiva, a cui ho ricominciato ad appassionarmi da qualche anno.
Cosa è cambiato?
E’ dalla fine del Partito d’Azione, che lamentiamo a sinistra una scarsa presenza di cultura liberale e una chiusura al liberalismo italiano, che peraltro è sempre stato di destra e di stampo conservatore. Si è trattato di un limite prettamente italiano, perché se guardiamo all’estero esiste la sinistra liberale, ci sono Ralph Dahrendorf, i liberali inglesi, il D66 in Olanda. Da circa un anno e mezzo abbiamo iniziato un percorso di riavvicinamento alla sinistra.
In Italia, se dico sinistra liberale, mi viene da pensare ai Radicali.
Ci sono alcune affinità con Pannella, uscito da sinistra a suo tempo dal Partito Liberale, ad esempio sulla laicità, ma anche un assoluto dissenso sulla loro proposta di adottare in Italia un sistema politico di tipo anglosassone, all’americana, oppure sul liberismo in economia.
Sul tema della laicità e dei diritti civili, sembra abbastanza facile arrivare ad una minimo comun denominatore dentro Sinistra e Libertà. Più complicato forse sui temi economici, su cui mi sembra che tu voglia comunque distinguere nettamente tra liberalismo e liberismo.
Noi questo lo sosteniamo da sempre. Un liberale deve aborrire un monopolio, comunque esso si manifesti. In Italia con le privatizzazioni abbiamo sostituito un monopolio pubblico con degli oligopoli privati. Questo ha un peso inaccettabile sull’economia, sulle imprese più dinamiche e in particolar modo sulle fasce sociali più deboli. Se si prendono le prime 40 aziende quotate in Borsa, più della metà vivono di concessioni, tariffe, prezzi fissi o accordi di cartello, completamente fuori dal mercato. Perché lo stesso panino che altrove pago due euro, in Autogrill lo devo pagare il doppio solo perché Benetton opera in un regime praticamente monopolistico? In Italia c’è una situazione anomala: da una parte abbiamo un liberismo selvaggio e dall’altra l’esatta antitesi di un mercato libero, dove il consumatore non conta nulla e l’accesso ad un nuovo operatore è impossibile. La crisi non è dovuta all’eccesso di mercato, ma all’eccesso di mercato senza regole. Secondo il nostro punto di vista il mercato non è un dogma, ma una costruzione giuridica che deve basarsi su regole che gli devono consentire di funzionare. Dall’altra parte siamo anche agli antipodi del pensiero di Tremonti, che da ultraliberista si è riscoperto protezionista. Il chiudere l’Europa in una specie di cittadella contro gli stranieri, contro le altre culture, contro le altre magliette o contro gli altri occhiali è un’operazione che, in prospettiva, è persa in partenza.
Come hai visto l’assemblea di Bagnoli?
Sono rimasto davvero impressionato dalla partecipazione e dall’alta presenza di giovani. Sono contento di come è andata e Vendola è stato bravo a calmare gli animi. Se fossero passate le tesi del “partito subito” o del “chi ci sta ci sta e gli altri si arrangino”, il progetto di Sinistra e Libertà sarebbe morto immediatamente e sarebbe rimasto solo un pezzo della Sinistra Arcobaleno. Sul modello organizzativo, penso che si debba trovare una formula che consenta la costruzione di un vero partito, con organi e regole, e allo stesso tempo la sussistenza delle organizzazioni e delle strutture precedenti, nonché la partecipazione attiva di tutti quelli, e non sono pochi, che hanno delle storie diverse e che oggi non fanno parte di nessuna di queste parrocchie, ma sono interessate al progetto di Sinistra e Libertà. Allo stesso modo penso che, dopo il Congresso del Partito Democratico, ci saranno morti, feriti e scontenti che dobbiamo riuscire ad attrarre. Poiché il modo di organizzarsi di una formazione politica non è neutrale rispetto ai contenuti che vuole portare avanti, in questi mesi occorre lavorare per individuare una formula organizzativa innovativa rispetto a due limiti che vedo: da un lato quello antico di fare l’ennesimo partitino burocratico che sia la fotocopia in miniatura dell’idea del vecchio partito di massa e dall’altro il rischio delle nuove forme personalistiche della politica.
Quali sono i criteri in base ai quali sei stato eletto nel Coordinamento nazionale?
Il coordinamento nazionale è venuto fuori dall’incontro delle segreterie che ha preparato questo documento finale, che poi è stato presentato in assemblea. L’assemblea è stata importante, ma teniamo presente che, chi voleva, entrava. Non era né rappresentativa né ponderata. La fonte di legittimità di tutto questo per ora sta negli organi che i cinque partiti, o movimenti che dir si voglia, si sono dati a suo tempo. Ora si pone il problema di un trasferimento graduale di sovranità alla base.
Come funzionerà il coordinamento nazionale e qual è il contributo specifico che pensi di portare?
Credo che la prima cosa da fare sia nominare un portavoce e un coordinatore ed eventualmente un coordinamento più ristretto, magari fatto dai cinque segretari, che garantiscano da una parte la collegialità delle scelte e dall’altra la tempestività degli interventi, perché i tempi della politica a volte si misurano sui minuti. Dopodiché nel coordinamento verranno attribuiti degli incarichi operativi in cui ognuno potrà dare un contributo in base alla propria specificità. Per la nostra storia, ci viene naturale occuparci in particolare dei diritti e delle regole della democrazia. Penso anch’io, come ha detto Achille Occhetto in una recente conferenza stampa, che senza libertà non c’è democrazia e senza democrazia non c’è uguaglianza.
Sai che Occhetto ha appena comunicato la sua adesione ufficiale a Sinistra e Libertà.
Ne sono molto contento. Queste persone che oramai sono fuori dalle questioni politiche contingenti, hanno spesso la capacità di volare più alto e noi abbiamo bisogno anche di questo. La destra ha vinto in Italia una battaglia culturale. Oggi la sinistra deve prendersi una rivincita, liberandosi delle ideologie, che per me sono sinonimo di pensiero chiuso, ma non della propria cultura, che va semmai attualizzata.
(Articolo pubblicato su Terra il 24 settembre 2009)
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