Permesso di soggiorno a punti, l'ennesimo mostro della Lega
Due anni di tempo per imparare la lingua italiana, conoscere la Costituzione e le regole civili del nostro Paese, far studiare i figli, mettersi in regola col fisco. Se l'immigrato che chiede il permesso di soggiorno conquisterà questi obiettivi in 24 mesi quantificati in un punteggio di 30 punti, otterrà la "carta". Se non ci riuscirà (i punteggi scendono in caso di violazione del codice penale), avrà ancora un anno di tempo alla conclusione del quale scatterà, in caso di non raggiungimento del voto finale, l'espulsione. È, questo, il nuovo "accordo di integrazione" fra Stato e immigrati annunciato ieri dai ministri dell'Interno, Roberto Maroni, e da quello del Welfare, Maurizio Sacconi. (La Repubblica).
Questo tipo di modello funziona in Paesi abituati a ben altra tradizione di proficua integrazione. Per esempio, come nota giustamente Livia Turco, responsabile Immigrazione del Pd. "L'Italia non è il Canada, nel nostro Paese per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non è possibile aspettarsi altro".
Un modello anche valido sulla carta, nel contesto italiano, arretratissimo sul fronte dell’integrazione, e per giunta in mano a un partito marcatamente xenofobo come la Lega Nord rischia tranquillamente di essere un mostro. Tale è il permesso di soggiorno “a punti”; lo è, semplicemente, perché manca, in questa maggioranza e specialmente nella Lega la volontà politica di portare avanti un’integrazione proficua, se non nei proclami demagogici: agli immigrati si chiederà di integrarsi, senza dar loro alcuno degli strumenti che a tal fine sono necessari (tempi burocratici accettabili, possibilità di lavoro e affitto regolari, strutture statali e gratuite per l'apprendimento della lingua), come avviene in qualsiasi Paese civile.
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