La Lega non è la cura, è la malattia del paese. Se non si recupera con forza questa convinzione che, peraltro, la maggioranza dell’ elettorato esprime, sarà il disastro. Per tutti.
Riprendo, via Spazio lib-lab, un interessante articolo di Ernesto Paolozzi, pubblicato su Repubblica.
Qualche “fatto”, qualche sensazione. I fatti. Arrestati più di trecento mafiosi a Milano e in Lombardia. Non ricordo un’ operazione simile al Nord e, per la verità, anche al Sud non sono poi così frequenti. Emerge, dall’ inchiesta giudiziaria, la capacità della malavita organizzata di infiltrarsi ai livelli più alti della politica e dell’ economia milanese. Ancora, l’ Assolombarda, ossia l’ associazione degli industriali lombardi, dichiara di voler colpire quegli imprenditori che non denunciano il pizzo e le pressioni di vario tipo da parte della malavita. In questi anni, infatti, come qualche imprenditore comincia ad ammettere, nessuno ha mai avuto il coraggio di ribellarsi. Fino a ieri dichiarazioni simili le avevamo ascoltate soltanto dal presidente degli industriali siciliani, Ivan Lo Bello. Qualche mese fa fu arrestato un consigliere comunale di Milano accusato di vari reati contro l’ amministrazione pubblica. E già si ritornò a parlare di una nuova, possibile, tangentopoli. L’ Europa minaccia sanzioni nei confronti dell’ Italia per quel colossale affare, che ci è già costato vari miliardi, rappresentato dal superamento delle quote latte da parte di allevatori protetti dalla Lega perché parte cospicua della sua base elettorale. Malpensa. Il fallimento di Malpensa con un gigantesco spreco di denaro pubblico. Credo che un cronista potrebbe allungare la lista di questi “fatti” a dismisura, fino a riempire pagine e pagine di un quotidiano. Le sensazioni: da dichiarazioni, articoli, proteste e voci varie la sanità lombarda sembra dominata da Comunione e Liberazione, l’ associazione cattolica di riferimento del presidente Formigoni, che distribuisce incarichi di varia natura, dai primari ai portantini. Vero? Falso? Se ne parla ormai da anni. La vivibilità di Milano, grandissima metropoli europea, sembra essersi ridotta ai livelli minimi dal dopoguerra, e non solo per le zanzare, che inspiegabilmente non si riescono a debellare. E nemmeno solo perché interi quartieri periferici, un tempo quartieri operai e produttivi, sono oggi alla mercé della delinquenza comune, ma perché si avverte nell’ aria una crisi ormai ventennale che si consuma sul terreno della produzione culturale, della vita associata, in una parola, sul piano della civiltà. Insomma, Milano non è più, come per tanti anni è stata, un faro della cultura europea. Non attrae più giovani, se non per stretta necessità, mentre i giovani milanesi, quando possono, cercano una boccata d’ aria fresca a Berlino, Barcellona o in altre città più o meno lontane. Rimane, e non è poco, un reddito sostenuto ma anch’ esso messo a repentaglio non solo dalla crisi globale, ma dalla destrutturazione dell’ intera società milanese. A scanso di equivoci, dico subito che, da vecchio europeista quale ancora mi sento di essere, legato all’ unità d’ Italia come soluzione della questione meridionale e al federalismo europeo come soluzione della questione italiana, la crisi di Milano e della Lombardia non solo mi preoccupa ma mi atterrisce. Questa è la questione settentrionale che è, in effetti, la questione italiana. Noi sappiamo bene che la crisi del Nord è sempre anche la crisi del Sud e che il Sud difficilmente potrà imboccare una nuova via di progresso se non accadrà la stessa cosa al Settentrione. Ma la cosa che più stupisce, e che ci preme veramente mettere in luce, è la seguente: il disastro del Nord avviene dopo quasi venti anni di governo della Lega e dei suoi alleati. Un tempo lungo quanto il regime fascista. Un governo locale, improntato al leghismo, che ha spesso trovato, come oggi, nel governo nazionale un governo amico, con ministri e sottosegretari molto influenti provenienti dalla Lega Nord. Più o meno tutti i governi centrali sono stati influenzati, contrariamente a quanto si crede, più dagli interessi del Nord che da quelli del Centro o del Sud del paese. Ma mai come in questi anni. Perché nessuno lo dice tranne, ovviamente, qualche giornalista e qualche intellettuale isolato? Perché, fatta forse eccezione per l’ Udc di Casini, i partiti dell’ opposizione e, soprattutto, il Pd non pongono con forza tale questione e, al massimo, si limitano a scimmiottare il leghismo? Insomma, per essere ancor più chiari, perché si consente alla Lega di governare da vent’ anni la Lombardia e il Veneto consentendole di recitare, al tempo stesso, il ruolo dell’ opposizione? Di giustificare la crisi di quelle regioni facendo ricorso, di volta in volta, a qualche mito simbolico, come la lotta ai napoletani, ai meridionali o agli immigrati? Di fronte a questo scenario è incomprensibile, amaro e umiliante, sentire che qualcuno si augura che anche al Sud si possa amministrare come la Lega fa al Nord, alimentando un mito, quello della buona amministrazione leghista, che anche le forze culturali e politiche migliori del Nord combattono aspramente. Quelle forze vive che si trovano a subire il clientelismo localistico della Lega perché non riescono a intravvedere una reale alternativa di governo al declinante berlusconismo che si regge grazie al fatale abbraccio con la Lega. La Lega non è la cura, è la malattia del paese. Se non si recupera con forza questa convinzione che, peraltro, la maggioranza dell’ elettorato esprime, sarà il disastro. Per tutti.
Ernesto Paolozzi
Ernesto Paolozzi
1 commento:
Parole sante!
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