A quanto pare, dunque, Osama Bin Laden è stato giustiziato da un commando di marines americani e, nonostante il giallo della prima foto, palesemente taroccata, diffusa dalle televisioni pakistane, probabilmente è andata proprio così.
Per le sue connotazioni emotive, la morte di Bin Laden chiude anche simbolicamente un decennio che si era aperto con l’11 settembre 2001 e che è stato segnato dalla macchina della “guerra al terrorismo” e dalla stagione della guerra afgana, e che almeno oggi bisognerebbe avere la serenità di ammettere che ha generato molto più terrorismo di quanto non ne abbia contrastato.
Indubbiamente un bel colpo per Obama, che aveva bisogno di recuperare consenso e che nell’annunciare l’uccisione di Bin Laden sembra, non a caso, non aver saputo fare di meglio che ricalcare proprio gli schemi manichei della stagione del bushismo, sapendo che parlano all’emotività americana, e non solo.
Dunque una vittoria per Obama, secondo molti, e indubbiamente un potente fattore di rilancio verso la rielezione nel 2012; c’è da sperare almeno che quella stagione fallimentare della presunta “guerra al terrorismo” venga infine superata.
Ma forse, in quel trionfalistico “giustizia è fatta”, per quanto fosse logico che Obama passasse all’incasso, è sintetizzato nel contempo il tradimento di molte premesse, perché anche Obama, impantanato nella guerra afgana, malgrado un nobel per la pace denso di contraddizioni, e intrappolato in politica estera in un atroce decennio, si è rassegnato a cercare di archiviare un’intera, fallimentare stagione, che avrebbe invocato un bilancio ben più articolato, offrendo all’opinione pubblica il cattivo per eccellenza, senza troppa fantasia.
Insomma Obama incassa e porta a casa, senza andare troppo per il sottile.
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