La prima cosa da evidenziare, a mio modo di vedere è che queste elezioni regionali avevano un più generale e chiaro significato politico. La società italiana, infatti, appare sempre più polarizzata dopo gli scandali degli ultimi mesi, certo in parte trasversali, ma tali da chiamare in causa soprattutto il Pdl, con la gestione speculativa della ricostruzione a L’Aquila e il caos delle liste in primo piano. Se siamo d’accordo nell’attribuire alle regionali appena concluse un significato politico generale, allora non è sullo sfondo delle regionali del lontanissimo 2005 che dovremo vederle; dovremo piuttosto guardare alle elezioni generali dell’aprile 2008. Fatta questa premessa sono emersi, mi pare, alcuni dati molto chiari.
Mentre PD e Pdl sono intenti poco credibilmente a difendere ciascuno i risultati delle elezioni, pochi analisti, tra questi Curzio Maletese e Gennaro Carotenuto, hanno sottolineato da subito quello che mi sembra il dato principale di queste elezioni: la crisi di questo ottuso bipolarismo in salsa italiana, che due anni fa è stato salutato da molti per quello che non era e non poteva essere, un avvicinamento a democrazie ben più mature. I due partiti fanno insieme poco più del 50% e scontano un massiccio astensionismo. A sinistra il PD perde terreno a favore di IdV e grillini e in Piemonte questi ultimi consegnano al leghista Cota una vittoria di misura. Il PD non può certamente gioire, l’auspicato segnale da recapitare al governo di Berlusconi non è arrivato, ma non c’è stato nemmeno il plebiscito al quale aveva chiamato il cavaliere, ormai chiaramente lontano anni luce dalle percentuali stratosferiche di consenso che ha continuato a vantare fino alla vigilia della campagna elettorale. Cresce invece la Lega, che si attesta al 13% su base nazionale e fa il pieno di voti al Nord; primo partito in Veneto, appare pronta per quell’annunciato subentro al Pdl nella gestione delle amministrazioni locali del Nord e forte di questa affermazione peserà ancora di più nella politica nazionale. Poi c’è la vittoria di Vendola in Puglia, ancora più eccezionale perché maturata in una regione che alle elezioni generali dell’aprile del 2008 aveva confermato di tendere a destra. Credo che la passione politica di Vendola sia meritevole della massima considerazione, ma il ruolo di uomo della provvidenza a sinistra sarebbe troppo gravoso.
Se il modello Vendola in Puglia appare come un’eccezione alla quale guardare con interesse, su base nazionale Lega da una parte, grillini e IdV dall’altra erodono a destra e a sinistra la massa di un mediocre pseudo-bipolarismo. Pdl e Pd vengono risucchiati da quel vortice del populismo e dell’antipolitica che essi stessi hanno in modi diversi contribuito a generare. Questo è il lascito delle regionali per i due principali partiti di maggioranza e di opposizione, con il quale presto dovranno fare i conti.
Mentre PD e Pdl sono intenti poco credibilmente a difendere ciascuno i risultati delle elezioni, pochi analisti, tra questi Curzio Maletese e Gennaro Carotenuto, hanno sottolineato da subito quello che mi sembra il dato principale di queste elezioni: la crisi di questo ottuso bipolarismo in salsa italiana, che due anni fa è stato salutato da molti per quello che non era e non poteva essere, un avvicinamento a democrazie ben più mature. I due partiti fanno insieme poco più del 50% e scontano un massiccio astensionismo. A sinistra il PD perde terreno a favore di IdV e grillini e in Piemonte questi ultimi consegnano al leghista Cota una vittoria di misura. Il PD non può certamente gioire, l’auspicato segnale da recapitare al governo di Berlusconi non è arrivato, ma non c’è stato nemmeno il plebiscito al quale aveva chiamato il cavaliere, ormai chiaramente lontano anni luce dalle percentuali stratosferiche di consenso che ha continuato a vantare fino alla vigilia della campagna elettorale. Cresce invece la Lega, che si attesta al 13% su base nazionale e fa il pieno di voti al Nord; primo partito in Veneto, appare pronta per quell’annunciato subentro al Pdl nella gestione delle amministrazioni locali del Nord e forte di questa affermazione peserà ancora di più nella politica nazionale. Poi c’è la vittoria di Vendola in Puglia, ancora più eccezionale perché maturata in una regione che alle elezioni generali dell’aprile del 2008 aveva confermato di tendere a destra. Credo che la passione politica di Vendola sia meritevole della massima considerazione, ma il ruolo di uomo della provvidenza a sinistra sarebbe troppo gravoso.
Se il modello Vendola in Puglia appare come un’eccezione alla quale guardare con interesse, su base nazionale Lega da una parte, grillini e IdV dall’altra erodono a destra e a sinistra la massa di un mediocre pseudo-bipolarismo. Pdl e Pd vengono risucchiati da quel vortice del populismo e dell’antipolitica che essi stessi hanno in modi diversi contribuito a generare. Questo è il lascito delle regionali per i due principali partiti di maggioranza e di opposizione, con il quale presto dovranno fare i conti.
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