L’intervento dell’Onu potrebbe certamente contribuire a rinvigorire l’opposizione al ddl intercettazioni. Ma forse varrebbe la pena di aprire anche un serio dibattito sull’atteggiamento di diversi esponenti del governo italiano nei confronti del più importante organismo intergovernativo. Cominciamo dal primo aspetto.
È vero che l’uso giornalistico delle intercettazioni è stato a volte distorto, e del resto ogni libertà può implicare un possibile abuso, che va perseguito. Ma credo sia evidente che si sia presa la palla al balzo per limitare la libertà d’espressione e ostacolare il lavoro della magistratura. Sono soprattutto mafiosi e cinici affaristi, come quelli che hanno esultato la notte del terremoto de L’Aquila per la pioggia di appalti che stava per riversarsi su di loro, ad avere ottime ragioni per gioire di questa legge, che anche edulcorata non cambierà nella sostanza.
A livello internazionale esiste una diffusa preoccupazione per le involuzioni politiche, sociali e culturali dell’Italia. Qualcuno vuole davvero continuare a credere che questa attenzione al nostro Paese sia dovuta a un’avversione immotivata verso il suo premier, a un misterioso complotto della sinistra internazionale o a potenti iniezioni di pessimismo che dall’Italia vengono propalate ai quattro angoli del mondo? Che lo sostenga il cavaliere, certamente non sorprende più; che lo continuino a pensare i suoi elettori, tutto sommato non cessa di stupire.
Comunque, ora è preoccupata anche l’ONU, non ultima di una serie di organismi internazionali che, per vari motivi (le politiche sull’immigrazione, la discriminazione nei confronti di rom e sinti, il cattivo stato di salute dell’informazione), da due anni a questa parte, hanno ammonito l’Italia o hanno espresso viva preoccupazione per le sue politiche. L’ONU sembra essere diventata un bersaglio privilegiato di una retorica aggressiva e insofferente da parte di diversi esponenti del governo italiano, dal Ministro della Difesa Ignazio
Questa insofferenza verso le critiche dell’ONU, nello specifico di un suo funzionario indipendente, è dunque rivelatrice di una disposizione che di liberale e di democratico ha ben poco. Frattini si è dichiarato “sconcertato” e “sorpreso”, perché “In tutti i paesi democratici il parlamento è sovrano e decide”; Daniele Capezzone, portavoce del PdL, ha ribadito il concetto, aggiungendo che l’ONU farebbe bene ad occuparsi delle dittature, piuttosto che dei ddl.
Queste esternazioni riflettono una concezione della democrazia alla quale questa maggioranza ci ha ormai abituato: sostanzialmente, chi vince le elezioni generali fa quello che vuole e le critiche non sono gradite. In proposito occorre ricordare che se le cose stessero così, se la democrazia coincidesse semplicemente con il consenso iniziale (quello di consolidamento lo si ottiene in vari modi) il nazismo dovrebbe essere considerata un’espressione pienamente democratica. La democrazia non si riduce al consenso; porre queste equazione è demagogico è allora fa bene l’ONU e fanno bene gli osservatori internazionali ad essere preoccupati per la situazione italiana. Ma l’Italia non è Cuba, o
Ogni analogia richiede evidentemente prudenza. Anche io credo, per esempio, che evocare troppo facilmente il fascismo sia controproducente, perché in questo modo si rischia di non vedere che il berlusconismo ha delle caratteristiche specifiche ed autonome rispetto al ventennio.
Certo, delle analogie ci sono. Nessuno con un briciolo di intelligenza e buona fede può pensare che l’informazione, in particolar modo televisiva, sia oggi libera e imparziale, e l’Italia ha preso una china demagogica nella quale intolleranza e razzismo occupano un posto crescente. È una dittatura? È una questione ancora aperta, anche se non è certamente incoraggiante che venga posta con sempre maggior insistenza, non solo dai critici, ma anche da osservatori neutrali. Io credo che l’Italia sia oggi un Paese non pienamente democratico, una democrazia demagogica, che non è una dittatura, ma ne è l’anticamera.
(articolo pubblicato su Paneacqua.eu)
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