venerdì 6 agosto 2010

Comunica senz'altro

Umberto Bossi laureato ad honorem in Scienze della Comunicazione. La proposta arriverebbe direttamente dal ministro Mariastella Gelmini. L’Istituto pronto a investire il senatùr del titolo accademico “per chiara fama” sarebbe l’università dell’Insubria, nella “sua” Varese. Questa la notizia, non smentita da nessuno degli interessati, stando a quanto si legge su L’Unità e, ancor prima, sul quotidiano varesino la Prealpina.

Non solo la notizia non è stata smentita, apprendo, ma ci sono accesi sostenitori dell’iniziativa, come il presidente della Provincia di Varese, Dario Galli, che ha rilanciato la necessità dell’«indispensabile riconoscimento accademico all'uomo politico.. più significativo degli ultimi 30 anni» che, con la sua «incredibile capacità di comunicazione di massa» ha reso possibile il «miracolo leghista».

L’università, dunque, è “padana”, il ministro è amico,il presidente della Provincia è un accanito sostenitore, ma dietro a questa proposta c’è molto di più di un abitino cucito in casa. Direi che ci sono dentro diverse cose.

C‘è il paradosso di un ministro dell’Istruzione che ha diffidato gli insegnanti dal fare poltica (si riferiva alla difesa della scuola pubblica), mentre è in prima linea per fare battaglie che, più che politiche, sono nettamente partitiche, come impegnarsi nella promozione del berlusconismo o, appunto caldeggiare il conferimento di una laurea honoris causa a un collega di governo.

Quanto al nocciolo della proposta, personalmente ho buona considerazione della laurea in Scienze della comunicazione, un percorso di studio al quale molte persone che stimo hanno scelto di affidare la propria formazione. È anzitutto un corso di studio in grado di fornire gli strumenti necessari per difendersi. Per non prestare un meccanico assenso verso fenomeni complessi. Per imparare a decodificare, a interpretare, a distinguere.

Certo, è una cassetta degli attrezzi, dopodiché l’uso che se ne fa è legato alla scelta e all’inclinazione personale. La comunicazione stessa è, evidentemente, uno strumento, o un insieme di strumenti. La sua conoscenza può essere usata per capire, come ho detto, ma anche per persuadere, per circuire, per mistificare. E lo vediamo bene oggi, non diversamente da ieri, con fenomeni come il populismo e la manipolazione dell’opinione pubblica attraverso il controllo dell’informazione.

Ecco, credo che il corso di studi in Scienze della comunicazione sia bello e sfortunato, perché si presta a questo equivoco di fondo per il quale, certo in un contesto culturale egemone a ciò favorevole, si confonde il successo nella comunicazione, a qualsiasi livello, con la qualità della comunicazione

Il punto è che se separiamo la forma dalla sostanza tutto diventa possibile: in questo caso, un buon comunicatore è, evidentemente ma tautologicamente, chi ha un seguito considerevole. Insomma, qualunque demagogo, qualunque capopopolo, per paradosso anche una scimmia, purché diecimila scimmie gli diano retta; e su questa linea dovremmo ammettere senza difficoltà che i più efferati dittatori del Novecento sono stati senza ombra di dubbio i migliori comunicatori.

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