Ieri ricorreva il 29esimo anniversario della strage di Bologna. Alle 10.25 del 2 agosto 1980 una bomba veniva fatta esplodere nella sala d’aspetto di 2° classe della stazione centrale facendo una carneficina 85 morti e oltre 200 feriti. Ieri la città di Bologna ha ricordato, come ogni anno da trent’anni a questa parte. Il governo, per la prima volta, non c’era.
Per la strage di Bologna esiste anzi tutto una verità giudiziaria, che è quella espressa dalla sentenza della Corte di Cassazione del 23 settembre 1995, a quindici anni di distanza dalla strage. Vennero condannati all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR (Gruppi Armati Rivoluzionari) Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro – che si sono sempre dichiarati innocenti – mentre l'ex capo della Loggia Propaganda 2 (P2) Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte vennero condannati per il depistaggio delle indagini. Licio Gelli fu inoltre condannato in via definitiva per i tentativi di depistaggio in relazione alla strage di Bologna il 23 novembre 2005.
La verità storica è più ampia, quella giudiziaria ne costituisce un momento, e non è mai emersa in modo definitivo, ma quello che sappiamo è che l’estremismo di destra fu il braccio armato di un disegno eversivo più ampio.
In questo contesto non è fuori luogo ricordare che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto parte della Loggia P2.
La P2 è stata sciolta con la legge numero 17 del 25 gennaio 1982, a seguito dei lavori della Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi, la cui relazione di maggioranza giudicò la Loggia, tra le altre cose, «un complotto permanente che si plasma in funzione dell'evoluzione della situazione politica ufficiale».
Tra gli obiettivi della P2 era centrale il controllo dei mass media e il conseguente condizionamento dell’opinione pubblica e la riconduzione del Consiglio Superiore della Magistratura sotto il controllo dell’esecutivo. In più di un’occasione Licio Gelli ha espressamente o implicitamente indicato in Silvio Berlusconi colui il quale avrebbe più compiutamente realizzato il programma e gli obiettivi strategici da lui fissati.
Il governo, dunque, a Bologna non c’era: i vertici del Pdl erano impegnati in un serrato incontro per capire in che modo possono evitare di farsi sommergere dalla crisi politica in corso. Senza nemmeno andare troppo lontano, a Bologna non c’era nessun rappresentante dell’esecutivo perché Berlusconi e i berlusconiani erano, e sono, impegnati a trovare il modo di sopravvivere. Un eterno e grigio presente nel quale la memoria non può essere che un impaccio, né è mai stata altro nell'universo berlusconiano, ma anche la volontà di dissimulare sembra ormai essere venuta meno.
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