mercoledì 4 marzo 2009

Obama: continuità e discontinuità


Mentre i segnali di discontinuità all’interno sono molto tangibili, l'amministrazione Obama non sta lasciando presagire alcuno scarto apprezzabile rispetto alla precedente neoconservatrice in merito al nodo del conflitto israelo-palestinese. Il vertice di Sharm Al-Sheikh, dominato dalla figura di Hillary Clinton, ha anzi confermato il tradizionale, incondizionato supporto degli Stati Uniti alla politica di potenza israeliana, (nessuna condanna è stata formulata per l'indiscriminata carneficina di Gaza), il rifiuto di coinvolgere Hamas a qualsiasi titolo nei negoziati di pace ma soprattutto la sostanziale indifferenza alle proposte che provengono dal mondo arabo moderato. Riporto di seguito alcuni passaggi di un articolo del Washington Post scritto nell’imminenza del vertice e molto critico verso la strategia americana.

Secondo quanto dichiarato dal portavoce del Dipartimento di Stato A. Wood, lunedì gli Stati Uniti prometteranno 300 milioni in aiuti umanitari per la popolazione di Gaza dopo la Guerra di 22 giorni con Israele ma manterranno restrizioni per evitare che gli aiuti raggiungano Hamas.
Il Segretario di Stati Hillary Rodham Clinton, partecipando a una conferenza internazionale [a Sharm Al-Sheikh] per raccogliere fondi per la Striscia di Gaza, annuncerà anche lo stanziamento di 600 milioni di dollari all’Autorità Palestinese, che è controllata da Fatah, un rivale di Hamas dominante nella regione del West Bank.
(…) Nel complesso, questi provvedimenti sottolineano quanto poco la politica dell’amministrazione Obama nei confronti del problema palestinese si differenzi dall’approccio dell’amministrazione Bush.
Sebbene Obama abbia nominato un inviato per il Medio Oriente, un passo al quale il presidente George W. Bush si era opposto, la politica che sarà tracciata alla conferenza indica che, non diversamente dalla precedente amministrazione, l’amministrazione Obama manterrà un atteggiamento duro nei confronti di Hamas, cercando di supportare i rivali del movimento islamista e mantenendo una fredda distanza dagli sforzi nascenti di creare un governo di unità palestinese. "Hamas non avrà nulla di questi soldi," ha sottolineato Wood.
(…) Le autorità palestinesi sperano di raccogliere quanto più possibile dei 2,8 miliardi di aiuti umanitari e per la ricostruzione di Gaza. Ma non è affatto chiaro se questi fondi raggiungeranno mai Gaza. Israele mantiene uno stretto controllo dei confini di Gaza e non permetterà l’ingresso di nulla che crede potrebbe essere usato da Hamas per riarmarsi. Israele vieta o limita l’importazione di cemento, tubi d’acciaio e altri materiali necessari per la ricostruzione.
Organizzazioni umanitarie internazionali e Hamas hanno chiesto l’apertura dei confini, affermando che la chiusura penalizza ingiustamente i civili di Gaza. Ma la posizione degli Stati Uniti sugli aiuti umanitari è analoga all’atteggiamento di Israele.

(Glenn Kessler sul Washington Post, 2/3/2009. Foto: Daily News)

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